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L'orrore dell'Isis non si ferma: uomo crocifisso ad Aleppo

L’uomo avrebbe inviato segnali agli aerei della Coalizione internazionale. L'Isis giustizia 100 combattenti stranieri

Uomo crocifisso dall'Isis ad Aleppo (news.siteintelgroup.com)
Uomo crocifisso dall'Isis ad Aleppo (news.siteintelgroup.com)

La barbarie dell'Isis non si ferma. Questa volta gli estremisti dell'autoproclamatosi Stato islamico crocifiggendo un uomo su pubblica piazza, ad Aleppo (Siria). La vittima è stata accusata di aver lavorato come spia per la Coalizione internazionale anti-Isis, posizionando dei microchip in alcuni edifici per favorire la loro localizzazione e il successivo bombardamento aereo. Come riferisce Site, l’organizzazione che monitora i siti islamisti, gli jihadisti hanno pubblicato un video in cui si vede l’accusato sfilare davanti alla folla. Il filmato si interrompe nel punto esatto in cui il boia tira la testa indietro e piazza il coltello sul collo dell'uomo. Il corpo senza vita, esposto su una croce, è stato poi fatto girare per le strade.

Non è la prima volta che i tagliagole dell'Isis uccidono i propri nemici crocifiggendo le proprie vittime: una brutale esecuzione che ha un alto valore simbolico che si rivolge soprattutto all'Occidente. L'Isis però non se la passa molto bene: Damasco compie numerosi raid da Ovest, la coalizione internazionale guidata dagli Usa e i Peshmerga attaccano da Nord, lungo il confine con il Kurdistan. Il portavoce curdo ha reso noto che l'assedio jihadista sul monte Sinjar è stato spazzato via. Segnali importanti: all'esercito dello "stato islamico", in evidente difficoltà, non resta che mostrare il proprio lato più violento. I curdi hanno anche preso il controllo della scuola di Yarmouk, a sudest di Kobani, dove sono stati trovati i cadaveri di otto militanti dello Stato islamico. Oggi 32 camion carichi di cibo, acqua e altri aiuti sono partiti da Erbil verso il monte, attraverso un corridoio.

Uccisi 100 combattenti stranieri

Gli jiahdisti legati all'Isis hanno ucciso 100 stranieri che si erano uniti a loro per combattere in Siria contro il regime di Damasco. Ma per quale ragione? Avrebbero cercato di tornare a casa lasciando il quartier generale di Raqqa. Lo riferisce il Financial Times, sottolineando come molti dei cosiddetti "foreign fighters" siano rimasti delusi dalla realtà della lotta in Siria in cui si passa più tempo a combattere formazioni rivali anti-Assad che le truppe

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