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L'Ucraina accusa la Chiesa Ortodossa di eseguire gli ordini di Putin

In occasione delle celebrazioni per la cristianizzazione della Rus' di Kiev, il presidente ucraino Petro Poroshenko ha lanciato un forte attacco al Patriarcato di Mosca, accusandolo di essere una minaccia diretta alla sicurezza nazionale del Paese

L'Ucraina accusa la Chiesa Ortodossa di eseguire gli ordini di Putin

Si acuiscono sempre di più le tensioni tra Russia ed Ucraina, con quest'ultima che tenta in ogni modo di tagliare tutti i ponti con Mosca e rendersi più autonoma, anche sotto l'aspetto religioso. Durante le celebrazioni, avvenute questo sabato, per l'anniversario della cristianizzazione della Rus' di Kiev (la più antica entità statale slava), il presidente ucraino Petro Poroshenko ha fortemente attaccato la Chiesa Ortodossa locale, accusandola di rappresentare una minaccia diretta alla sicurezza nazionale del paese e dichiarando: "Ritengo assolutamente necessario tagliare tutti i tentacoli, col paese dell'aggressore, all'interno del nostro stato. La Chiesa ortodossa sotto il Patriarcato di Mosca è separata dallo stato russo solo sulla carta. Essa sostiene, pienamente e incondizionatamente, la politica imperialista del Cremlino". La ricorrenza del battesimo della Rus' di Kiev è sempre stata un evento dalle forti caratterizzazioni politiche per l'intero mondo slavo. Nel 2013 lo stesso Vladimir Putin presenziò alla cerimonia, cercando in quell'occasione di convincere il suo omologo di allora Viktor Yanukovich a fermare il processo d'integrazione europea.

Oltre alle questioni meramente diplomatiche, gli strali di Poroshenko contribuiscono a fomentare le complesse divisioni religiose dell'Ucraina odierna, dove sono attualmente presenti tre diverse Chiese facenti capo a tre distinte giurisdizioni ecclesiastiche: la Chiesa Ortodossa autocefala ucraina, nata nel 1921 e legata al Patriarcato di Costantinopoli; e le due Chiese Ortodosse ucraine costituitesi dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, la prima nata nel 1990 e facente capo al Patriarcato di Mosca - riconosciuta ufficialmente all'interno della comunione ortodossa orientale - mentre la seconda facente capo invece al Patriarcato di Kiev, nata nel 1992 e da sempre sostenitrice del governo ucraino filo occidentale. Le ultime due in particolare, competono da quasi trent'anni per ottenere il predominio spirituale del paese, e conseguentemente per imporre la loro influenza politica. Competizione esacerbatasi ulteriormente a partire dal 2014, con l'annessione russa della Crimea e l'inizio del conflitto nella regione del Donbass.

Da qualche mese tuttavia, il presidente sembra aver trovato la soluzione definitiva all'annosa questione: proclamare l'autocefalia della Chiesa ucraina, vale a dire costituire un'istituzione ecclesiastica il cui capo non riconosce alcuna autorità religiosa al di sopra di se. Una soluzione in realtà piuttosto comune, già adottata da numerose Chiese di rito orientale.

Rivolgendosi ad alcuni sacerdoti e funzionari all'ombra della statua di Volodymyr il Grande - il principe slavo cristianizzatore della regione nel 988 - Poroshenko ha infatti affermato: "Cari amici, il tempo dell'autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina è definitivamente arrivato. L'autocefalia è una questione che riguarda la nostra indipendenza, la nostra sicurezza nazionale e l'intera geopolitica mondiale", appoggiato per l'occasione dall'arcivescovo metropolita Emmanuel, rappresentante del Patriarca ecumenico Bartolomeo I, che ha aggiunto:"Il Patriarca ecumenico non può rimanere cieco e sordo di fronte agli appelli che gli sono stati ripetuti per più di un quarto di secolo. La nostra Chiesa sta lavorando per giungere all'obiettivo finale, consentire l'autocefalia della Chiesa Ortodossa ucraina".

Già nell'aprile scorso Poroshenko aveva incontrato il Patriarca Bartolomeo I, durante una visita ad Istanbul, per discutere del progetto e cercare un qualche tipo di sostegno ufficiale, anche in vista delle future adesioni dell'Ucraina all'Unione Europea ed alla Nato. Una mossa che, nonostante fosse stata accolta con riserbo dal Patriarca, che preferì non commentare, era stata invece criticata dal Cremlino, il quale per bocca del suo portavoce Dmitri Peskov disse: "È improbabile che le azioni volte a dividere le chiese saranno sostenute e accolte con favore".

Posizione, quella della Russia, che al tempo trovo l'appoggio anche di Papa Francesco, il quale ribadì il no della Chiesa Cattolica all'uniatismo, cioè al proliferare di forme di ortodossia non ufficialmente riconosciute dalla Chiesa ortodossa, schierandosi quindi a fianco del Patriarca di Mosca Cirillo I e stoppando il nuovo nazionalismo religioso di Poroshenko.

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