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800 attività in vendita: ora McDonald’s dice davvero addio alla Russia

Dopo la sospensione temporanea la catena statunitense di fast-food ha deciso di vendere tutte le sue attività nel Paese: "La nostra attività non è più sostenibile"

800 attività in vendita: ora McDonald’s dice davvero addio alla Russia

Dopo la sospensione temporanea, l’addio definitivo: McDonald’s lascia la Russia. La motivazione è naturalmente legata alla guerra in Ucraina in corso: oltre 800 attività in vendita, più di 62 mila dipendenti senza lavoro. “Non è più sostenibile, né coerente con i nostri valori continuare a lavorare nel Paese”, ha fatto sapere la società in una nota.

Simbolo del “glasnost” trent’anni fa con l’apertura del primo ristorante a Mosca, McDonald’s saluterà il Paese di Vladimir Putin in risposta alla crisi umanitaria in atto. Come evidenziato dalla Cnn, una volta finalizzata la vendita delle attività, le sedi non potranno più utilizzare il nome, il logo o il menù del colosso dei fast-food. I dipendenti saranno pagati fino al termine della cessione e “avranno un futuro impiego con qualsiasi potenziale acquirente”.

Il Ceo di McDonald's, Chris Kempczinski, si è detto orgoglioso degli oltre 60 mila lavoratori impiegati in Russia e ha affermato che la decisione è stata "estremamente difficile". "Tuttavia, abbiamo un impegno nei confronti della nostra comunità globale e dobbiamo rimanere saldi nei nostri valori”, ha proseguito il volto della catena: “Il nostro impegno nei confronti dei nostri valori significa che non possiamo più mantenere attività nel Paese".

Un altro importante marchio occidentale si appresta a lasciare il Paese di Putin. Secondo le prime proiezioni, la Russia perderà tra gli 1,2 e gli 1,4 miliardi di dollari in valuta straniera. La chiusura “simbolo” è sicuramente quella legata al locale di Piazza Pushkin, nel centro della capitale: icona del fiorente capitalismo americano, è stata la prima attività targata McDonald’s in Russia e all’inaugurazione parteciparono più di 5 mila persone.

“È impossibile ignorare la crisi umanitaria causata dalla guerra in Ucraina, ed è impossibile immaginare che il nostro marchio rappresenti la stessa speranza e le stesse promesse che ci portarono a entrare nel mercato russo 32 anni fa”, ha rimarcato Kempczinski.

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