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Migranti, il grido di Atene: "Da Erdogan un attacco pianificato all'Europa"

Il ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias, accusa la Turchia di aver usato i migranti come "pedine" per ottenere più fondi dall'Ue: "Da Erdogan un attacco pianificato all'Europa". E rivendica: "Sull'Evros abbiamo difeso i confini"

Migranti, il grido di Atene: "Da Erdogan un attacco pianificato all'Europa"

"Non si tratta di movimenti spontanei, ma di un attacco pianificato contro la Grecia e l’Europa". Il governo di Atene da settimane sta facendo i conti con la più grande ondata di profughi dal 2015. Respingimenti, tensioni e scontri si sono verificati lungo il fiume Evros, che segna il confine tra Grecia e Turchia e al largo delle isole dell’Egeo. E ora il ministro degli Esteri Nikos Dendias, in un’editoriale pubblicato sul Financial Times, torna all’attacco contro il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan.

La Turchia, accusa il ministro greco, sta usando la "diplomazia dell’estorsione" e strumentalizza i migranti per ottenere più fondi dall’Europa. L’obiettivo di Ankara, secondo il politico conservatore di Nea Dimokratia, è quello di realizzare il proprio piano "neo ottomano" nel nord della Siria ed oltre. "L’accordo politico del marzo del 2016 tra Ue e Turchia", scrive Dendias, "ha portato ad una riduzione considerevole degli arrivi dalla Turchia in Europa". "E – aggiunge – ha dimostrato che la Turchia è capace di controllare il flusso di migranti e rifugiati".

Il ministro degli Esteri di Atene accusa quindi la Turchia di non essersi attenuta agli impegni ma, anzi, di aver "legato" l’accordo con l’Unione alle proprie mire espansionistiche in Medio Oriente e non solo. Ankara vuole "più fondi" da Bruxelles, accusa Dendias. Per questo, "dopo le perdite subite dalla Turchia ad Idlib il mese scorso", il presidente turco "è venuto meno unilateralmente alle sue responsabilità" ed ha "aperto le porte a tutti quelli che cercano un futuro migliore in Europa".

I migranti, per il ministro di Atene, sarebbero stati usati come "pedine" nel tentativo di "ricattare l’Unione europea". "La stessa Unione – aggiunge Dendias – alla quale la Turchia vorrebbe aderire". "La Grecia – racconta il ministro nel suo contributo – si è trovata a fare i conti con una pressione improvvisa, massiva ed organizzata ai suoi confini orientali". Secondo la ricostruzione del capo della diplomazia di Atene sarebbe stato il governo turco ad incoraggiare migliaia di persone ad imbarcarsi sugli autobus in partenza da Istanbul verso il confine greco, garantendo loro che avrebbero trovato i confini aperti.

Dendias parla di famiglie con bambini, ma anche di "gruppi organizzati di giovani", ammassati alla frontiera con la complicità delle autorità turche, "nonostante la Grecia avesse detto chiaramente che non sarebbe stato tollerato alcun attraversamento illegale". Il resto è cronaca. La cronaca delle scene di guerriglia tra i migranti e le guardie di frontiera di Atene filmata dalle telecamere di mezzo mondo."Le forze di sicurezza turche li hanno incoraggiati, o, nella migliore delle ipotesi hanno chiuso un occhio", denuncia il ministro.

Dendias precisa inoltre come nessuno dei profughi arrivati sull’Evros fosse in fuga da Idlib. "Il 60 per cento dei rifugiati arrestati per aver attraversato la frontiera illegalmente erano afghani", scrive sul Financial Times. I siriani? "Soltanto il dieci per cento, e risultavano residenti da anni in Turchia". La tesi di Atene, quindi, è che "non si è trattato di un evento spontaneo, ma di un attacco pianificato contro la Grecia e l’Europa". "Sull’Evros abbiamo protetto i nostri confini", rivendica il ministro.

Quella di Atene, sottolinea, "è stata una risposta legittima alle provocazioni turche". Il grazie del ministro va infine all’Europa che si è spesa per resistere a quella che la Grecia definisce "un’estorsione". Sì all’accoglienza dei migranti, è la riflessione finale, ma senza cedere "alle minacce o ai ricatti".

Intanto, ad imporre una tregua è la pandemia. Venerdì scorso centinaia di persone che da settimane erano accampate a ridosso del confine sono state portate via dalle autorità turche per prevenire i contagi. L’Oxfam e il Greek Council for Refugees (GCR), però, lanciano l’allarme sulle condizioni di altri 40mila richiedenti asilo che sono bloccati nei campi profughi allestiti nelle isole dell’Egeo.

Qui, secondo le due organizzazioni, ci sarebbe un rischio concreto della diffusione del coronavirus.

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