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Molestie sessuali, ricercatrice le subisce nella realtà virtuale

Mentre testava la nuova piattaforma Horizon Worlds, una ricercatrice ha subìto molestie sessuali virtuali da parte di un gruppo di avatar. "L'attacco mi ha paralizzata"

Molestie sessuali, ricercatrice le subisce nella realtà virtuale

Non c'è pace nemmeno nel cosiddetto Metaverso, una rete di mondi virtuali 3D incentrati sulla connessione sociale: sulla piattaforma Horizon Worlds c'è già stato il primo episodio di molestie sessuali. A subirlo è stata Nina Jane Patel, una ricercatrice della società "Kabuni" specializzata nello sviluppo di esperienze virtuali per ragazzi di età compresa tra 8 e 16 anni.

Cos'è accaduto

In qualità di addetta ai lavori, la Patel è stata invitata a testare il nuovo mondo parallelo che nel prossimo futuro è destinato a prendere piede sempre di più. Purtoppo, però, è incappata in una minoranza di primi iscritti che, credendo forse che nella virtualità tutto fosse concesso, è stata oggetto di palpeggiamenti e violenze di gruppo da parte di alcuni avatar. La denuncia è stata resa pubblica con un lungo post su Medium.com, la stessa piattaforma dove in passato fu accusato di molestie l'ex governatore di New York, Andrew Cuomo, da Lindsey Boylan. Come se non bastasse, le molestie interattive subìte dalla ricercatrice hanno visto anche l'incitamento di altri avatar presenti in quel frantente "tutti con voce maschile" che non si sono fatti scupoli scattando foto e realizzando video virtuali.

"L'attacco mi ha paralizzata"

Chi non ha molta dimestichezza con il settore non sa che si chiama "realtà virtuale" proprio per le sottilissime, minime differenze con quella reale, progettata "in modo che mente e corpo non percepiscano le differenze. E infatti, la mia risposta fisiologica e psicologica è stata come se quella brutta cosa fosse accaduta nella realtà", ha raccontato la Patel, che ha sottolineato la senzazione che ha provato appena entrata in Horizon. "L'attacco - si legge su Repubblica - mi ha colto di sorpresa, terrorizzata, paralizzata. Non sono nemmeno riuscita a mettere in atto la barriera di sicurezza. È stato un vero incubo".

All'inizio, però, la denuncia della ricercatrice era stata accantonata tant'é che il Metaverso ha "accusato" la donna di non aver attivato uno strumento, chiamato "safe zone" (zona sicura) per chiudersi in una bolla e respingere ogni eventuale attacco esterno. Questa risposta, però, ha scatenato un vespaio di polemiche. "È l’equivalente digitale di dire alle donne che se non vogliono essere molestate mentre camminano per strada dovrebbero restarsene a casa. La cara vecchia misoginia con una nuova confezione adatta all’era digitale", ha affermato l’esperta di tecnologia ed editorialista del The Guardian Arwa Mahdawi.

"Molestie virtuali questione serissima"

A seguito dell'episosio, però, Meta ha fatto un passo indietro svelando di aver messo in piedi una nuova impostazione predefinita chiamata “Personal Boundary”, ossia confini personali. In pratica, si tratta di una sorta di distanziamento sociale stile Covid ma nella virtualità: tutti gli avatar non potranno stare a meno di un metro di distanza un altro avatar sulle piattaforme Horizon Worlds e Horizon Venus, gli attuali "mondi" dove si svolgono già spettacoli e concerti. "Chi cercherà di penetrare nello spazio personale di un altro avatar verrà bloccato" ha spiegato Vivek Sharma, vicepresidente di Horizon. Questo strumento consentirà, anche nel Metaverso, di sviluppare future norme comportamentali e stabilire "regole in un mondo relativamente nuovo come quello virtuale".

In futuro poi, sarà possibile che lo spazio di ogni avatar possa essere personalizzato distanziando ancora maggiormente chi ci circonda.

"Le molestie nel metaverso sono una questione serissima, tanto più ora che la realtà virtuale sta diventando la nuova frontiera del divertimento. Quell’industria deve creare regole più certe e misure per punire chi non si attiene, affinché tutti possano muoversi a proprio agio e sentirsi al sicuro", conclude

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