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Nel futuro dell'Azerbaigian ci sarà spazio per l'Italia

Durante un importante evento al quale ha partecipato Ilham Aliyev è stato confermato che l'Azerbaigian vorrebbe l'Italia nel proprio futuro

Nel futuro dell'Azerbaigian ci sarà spazio per l'Italia

Il presidente azerbaigiano Ilham Aliyev ha lanciato nuovamente all'Italia un ottimo messaggio nel corso di un'importante conferenza internazionale che ha avuto luogo il 13 aprile a Baku. Il motivo per cui la dirigenza azerbaigiana auspica che l'idillio con il Bel Paese possa resistere all'usura del tempo è tanto semplice quanto pragmatico: siamo stati presenti nel momento del bisogno, cioè durante la seconda guerra del Karabakh, e quivi stiamo contribuendo a generare e diffondere benessere e prosperità in maniera significativa.

L'Italia, alla luce dell'ottimo stato di salute del partenariato strategico con l'Azerbaigian e della necessità di sedimentare la propria presenza, ha l'imperativo di rispondere con solerzia al richiamo proveniente dalla terra del fuoco (Odlar Yurdu), perché in gioco vi sono la grandezza e il futuro di entrambe le nazioni.

Il messaggio di Aliyev all'Italia

L'università ADA di Baku, che a inizio mese aveva ospitato un convegno sullo sminamento, il 13 aprile è stata la sede di una conferenza internazionale alla quale hanno partecipato il presidente Ilham Aliyev ed esperti e politologi provenienti da più di quindici nazioni, Italia inclusa. L'evento, autoesplicativamente intitolato Nuova visione per il Caucaso meridionale: sviluppo e cooperazione postbellica, è stato organizzato con l'obiettivo di illustrare quella che è la visione di Aliyev per il futuro dell'Azerbaigian.

Il presidente azerbaigiano ha colto l'occasione per reiterare quanto sia nodale il rapporto con l'Italia in termini diplomatici, economici e di progresso. Ringraziando la classe politica nostrana "per il suo approccio schietto e giusto rispetto alla risoluzione del conflitto, che sappiamo che non è stato facile articolare, soprattutto nella famiglia dell'Unione Europea, dove ci sono potenti sostenitori degli armeni che hanno sempre cercato di mettere sulla stessa scala la vittima dell'occupazione e le forze occupanti", Aliyev ha definito l'Italia "un Paese amico, molto vicino, ed un partner" ed evidenziato quanto siano state significanti le visite dello scorso dicembre delle delegazioni italiane di alto livello nei distretti liberati dell'Azerbaigian.

Aliyev ha descritto l'alleanza con l'Italia in termini entusiastici, parlando di un "rapporto meraviglioso", e spiegato come "il periodo della guerra sia stato per noi una sorta di indicazione del chi è chi". "La guerra ha chiarito tutto", ha proseguito il presidente azerbaigiano, mostrando agli abitanti della terra del fuoco che il Bel Paese è un alleato valido e sincero; da qui l'invito lanciato in direzione delle imprese italiane nell'immediato dopoguerra a partecipare attivamente alla ricostruzione.

La fiducia riposta nelle eccellenze nostrane è pressoché totale, in ragione dei "grandi progetti nei settori della petrolchimica, della raffinazione del petrolio, delle costruzioni e dell'architettura" da esse realizzati, perciò Aliyev ha dichiarato che "vogliamo espandere la presenza delle aziende italiane [nell'economia azerbaigiana]".

Cosa dovremmo fare

Durante la conferenza v'è stato spazio per discutere di un tema strettamente attuale: lo sminamento dei territori liberati dell'Azerbaigian. Il presidente azerbaigiano ha rammentato alla platea che il ritorno degli sfollati nelle loro dimore sta venendo ostacolato e ritardato dalle autorità dell'Armenia, le quali persistono nel non fornire le mappe relative alla presenza delle mine antiuomo nei distretti in cui Baku ha ripristinato la sua sovranità.

I numeri della mattanza silenziosa causata dalle mine armene danno ragione ad Aliyev, poiché magniloquenti e incontrovertibili: oltre 17mila esplosivi neutralizzati da dicembre a metà marzo dagli operatori della pace russi, nelle cui file si sono registrati morti e feriti, e 20 morti e 85 feriti da metà novembre a inizio aprile tra gli azerbaigiani, sia militari sia civili.

La ripulizia dei territori liberati sta rivelandosi ardua, nonché fonte di vittime, perché l'Azerbaigian "non ha personale qualificato" e ha bisogno di munirsi di attrezzature specialistiche, di cui al momento è carente. La bonifica del territorio, in effetti, sta venendo portata avanti grazie al supporto degli operatori della pace russi e di esperti turchi. L'Italia, una nazione-guida nel campo dello sminamento umanitario, dovrebbe inviare in loco i propri rinomati esperti, formatisi tra ex Iugoslavia, America Latina e Africa, perché le ricadute in termini di potere morbido, derivanti dal soddisfacimento di questa esigenza impellente dell'Azerbaigian, sarebbero enormi e durevoli.

Bonifica degli ordigni a parte, l'Italia dovrebbe ponderare la possibilità di inviare squadre mediche nei territori liberati, naturalmente a titolo gratuito, con l'obiettivo di curare i reduci di guerra e le vittime delle mine. Medici e artificieri fungerebbero da complemento ideale e perfetto alle ditte impegnate nella ricostruzione postbellica e nella pianificazione urbana, sanando i feriti, accelerando le tempistiche del rientro degli sfollati e, nel complesso, migliorando sensibilmente l'immagine e il prestigio dell'Italia presso la popolazione.

Perché Aliyev ha esplicitato che nel futuro dell'Azerbaigian può esserci (tanto) spazio per l'Italia, ma spetta a noi stabilire come e quanto ne vorremmo.

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