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Il piano Cost Plus 50 di Trump, la protezione Usa avrà un costo

Trump proporrà agli alleati di coprire i costi dei contingenti Usa ospitati pari al 150% del totale. Gli Stati Uniti non schierano truppe per bontà, ma per servire gli interessi dell'America

Il piano Cost Plus 50 di Trump, la protezione Usa avrà un costo

Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump starebbe per presentare agli alleati il piano Cost Plus 50. Svelato poche ore fa da Bloomberg, il piano Cost Plus 50 chiede ai paesi alleati definiti ricchi, di coprire integralmente tutti i costi del contingente statunitense ospitato, oltre ad un ulteriore 50% del totale. Il Plus 50 è inteso come “privilegio” del paese alleato di ospitare i soldati americani. Il piano della Casa Bianca, qualora diventasse esecutivo, si rivolgerà inizialmente a Germania, Giappone, Qatar, Corea del Sud ed Emirati Arabi Uniti, per poi estendersi a tutti gli altri alleati ricchi, così come definiti da Trump in un discorso al Pentagono del 17 gennaio scorso.

Solo per fare due esempi. Poche ore fa la Corea del Sud ha firmato un nuovo accordo con gli Stati Uniti per un rimborso spesa pari all'8% del totale per le truppe statunitensi ospitate. L'accordo, precedentemente su base quinquennale, sarà rivisto annualmente. La Germania, oggi, copre il 28% dei costi per le forze americane schierate nel suo territorio, pari ad un miliardo di dollari l'anno. Con la formula del Cost Plus 50, Berlino (se accettasse) dovrebbe pagare a Washington tra i 4,5 ed il 5 miliardi di dollari l’anno.

Trump ed il piano Cost Plus 50

Stephen Bannon: “Gli Stati Uniti vogliono alleati, non protettorati”

Se Obama si scusava per tutto, Trump ripropone con forza il ruolo dell’America del mondo come paese più potente sulla terra. Il Presidente Trump, così come ribadito più volte nei suoi discorsi pubblici, considera l’economia globale ingiusta nei confronti degli Stati Uniti e non intende garantire la protezione degli Alleati che non investono “il minimo indispensabile” nella Difesa. L’approccio Cost Plus 50 riflette il pensiero dell’amministrazione Trump per una maggiore condivisione dei costi militari. Trump oggi considera la soglia del 2% come minimo indispensabile da raggiungere e non più come un traguardo per ogni Paese della Nato.

Tutti i Paesi dell’Alleanza hanno aumentato la spesa per la Difesa in risposta alle sfide in Europa e altrove. Al vertice Nato in Galles del 2014, dopo anni di declino, i leader decisero di investire il 2% del PIL nella Difesa. Nel 2014, soltanto Stati Uniti (che da soli rappresentano oltre la metà delle spese militari della Nato) Regno Unito e Grecia spendevano il 2% o più nella Difesa. Lo scorso anno soltanto otto alleati raggiunsero l'obiettivo. Entro il 2024 almeno 15 alleati dovrebbero spendere il 2% del PIL o più nella Difesa. Negli ultimi tre anni gli alleati europei ed il Canada hanno aggiunto 46 miliardi di dollari ai bilanci della Difesa ed investito 19 miliardi di dollari in più nelle principali attrezzature militari. Entro il 2024, si prevede che 22 dei 30 alleati investiranno il 20% dei loro bilanci della Difesa nelle principali attrezzature militari per migliorare le loro capacità e prontezza operativa.

Le nuove voci del piano e lo sconto sul Plus 50

Il principale capitolo di spesa del piano Cost Plus 50 dell'amministrazione Trump, sarebbe plasmate sul PIL del paese ospitante. Nel computo finale, saranno aggiunte delle voci fino ad oggi mai previste come, ad esempio, lo stipendio dei militare o i costi di permanenza dei velivoli dell’Air Force e delle unità della Marina Militare degli Stati Uniti. La formula del Plus 50 è concepita per essere flessibile. L’amministrazione Trump, infatti, prevede uno sconto sul “privilegio” del paese ospitante, in base alle sue politiche. Un paese con politiche allineate con quelle degli Stati Uniti, riceverà uno sconto sul Plus 50.

La soglia del 2%

L'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord è stata concepita per supportare logisticamente la presenza in Europa degli Stati Uniti. Parliamo di una strategia che proviene direttamente dalla guerra fredda. La Nato era un'alleanza con un unico scopo: proteggere l'Europa occidentale da una invasione sovietica. La struttura di base della Nato non è cambiata dal crollo dell'Unione Sovietica nel 1991. E' semplicemente cresciuta fino ad includere gli ex stati satelliti sovietici e gli Stati baltici. Il motivo dietro l'espansione era quello di inglobare questi paesi nel quadro del sistema di difesa occidentale, al fine di dare loro fiducia nella loro indipendenza, così da contribuire a sostenere lo sviluppo delle democrazie. Con il crollo dell’Unione Sovietica, Stati Uniti, Regno Unito e Francia incoraggiarono le nazioni europee a costruire forze orientate verso missioni di proiezione come in Afghanistan, con l'invio di truppe lontane dai confini nazionali. Convogliando i fondi in questa direzione, la spesa militare interna divenne opzionale.

Dal 1985 al 1989, i membri europei dell’Alleanza investirono una media del 3,3 per cento del PIL per la Difesa. Dal 1990 al 1994 la spesa si ridusse al 2,7 per cento. Nel periodo tra il 1995 ed il 1999, la spesa scese al 2,2 %, fino ad arrivare all’1,9 % tra il 2000 ed il 2004. Entro il 2009, la media scese all’1,7 % per arrivare al punto basso dell’ 1,45 per cento nel 2015. Nel 2014 la NATO stimava che tutti i membri avrebbero raggiunto l’obiettivo di spesa entro dieci anni. Nel 2016 Estonia e Polonia raggiunsero la soglia del 2%. Lo scorso anno Lettonia, Lituania e Romania dovrebbero raggiungere il benchmark del 2%. L'Islanda, che non mantiene un esercito ma garantisce strutture chiave alla NATO, è esentata dal raggiungere il parametro di riferimento. Tra i 30 stati membri della NATO, 14 hanno fatto piani per raggiungere l'obiettivo di spesa militare del 2% entro il 2024. Otto hanno già raggiunto questo obiettivo (o lo faranno a breve): Stati Uniti, Regno Unito, Grecia, Lettonia, Lituania, Polonia, Estonia e Romania. Bulgaria, Francia, Ungheria, Montenegro, Slovacchia e Turchia stanno progettando di raggiungere l'obiettivo entro la scadenza. Germania, Spagna, Belgio e Italia non raggiungeranno l'obiettivo entro il 2024.

Il miraggio dei 100 miliardi di dollari l’anno

100 miliardi di dollari l’anno. E’ questa la portata dell’investimento se tutti i paesi della NATO (Stati Uniti esclusi ovviamente) raggiungessero il 2% del loro Prodotto Interno Lordo per la Difesa. Tutti i membri dell’Alleanza dovranno raggiungere tale obiettivo. I livelli di spesa derivano direttamente dalle decisioni politiche e dal processo di traduzione degli ingressi fiscali nella spesa militare. Se ad esempio Germania, Italia, Canada, Spagna e Paesi Bassi raggiungessero il 2 per cento del PIL per la Difesa, la NATO toccherebbe un livello di spesa di 80 miliardi di dollari. Se Berlino si impegnasse ad investire il 2 per cento del PIL, aggiungerebbe 30 miliardi di dollari nella difesa europea, una larga fetta dell’obiettivo fissato. La Germania assegna solo l’1,2 per cento del PIL alla difesa e gran parte del suo bilancio è ripartito per il personale. Nonostante le rassicurazioni l’obiettivo dei cento miliardi di dollari è ancora un miraggio. I più importanti e ricchi paesi della NATO sono troppo piccoli o economicamente deboli per avere un effetto sul saldo finale della difesa europea, mentre saranno proprio le scelte della Germania ad essere determinanti per capire la futura capacità dell'Alleanza.

Le lettere di monito di Trump

“La Norvegia è l'unico alleato della NATO che condivide un confine con la Russia a cui manca un piano credibile per spendere il 2% del suo prodotto interno lordo nella difesa. Comprendo le pressioni interne. Io stesso ho speso un considerevole capitale politico per aumentare le nostre spese per la difesa. Tuttavia sarà sempre più difficile giustificare ai cittadini americani il motivo per cui alcuni paesi continuano a non rispettare i nostri impegni condivisi nella sicurezza collettiva”.

Questo è lo stralcio di una lettera che il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha inviato al Primo ministro norvegese Erna Solberg il 19 giugno scorso.

“Il contribuente americano non può più sobbarcarsi una sproporzionata quota a difesa dei valori occidentali e della NATO. Gli americani non possono e non vogliono più preoccuparsi del futuro dei vostri figli. La scarsa prontezza militare dimostra una mancanza di rispetto per noi stessi, per l'Alleanza e per le libertà che avete ereditato, ora chiaramente in pericolo. Gli Stati Uniti rispetteranno gli obblighi in seno alla NATO, ma potrebbero ridimensionare il loro impegno nei confronti di quei membri europei che entro l’anno non avranno messo in atto un piano per raggiungere la soglia del 2% per la spesa militare”. Con queste parole il Segretario alla Difesa Jim Mattis iniziò nel 2017 il suo primo discorso dinanzi i 28 membri della Nato. Le parole di Mattis riflettevano il pensiero dell’amministrazione Trump per una maggiore condivisione dei costi militari. Trump oggi considera la soglia del 2% come minimo indispensabile da raggiungere e non più come un traguardo per ogni Paese della Nato.

La Dottrina Trump: No Friends, No Enemies

Alleanze mutevoli, non amici permanenti

Trump, che negli ultimi mesi ha ridimensionato la sua retorica sulla valenza della NATO, ha più volte affermato che gli alleati che non rispettano lo standard del 2% sarebbero stati “affrontati singolarmente”. Insomma, caso per caso. Le “lettere di monito” che Trump ha inviato agli alleati (la Norvegia non può certamente essere l’unico paese della NATO ad aver ricevuto tali attenzione dalla Casa Bianca considerando che solo 15 dei 30 membri della Nato dovrebbero raggiungere l'obiettivo del 2% tra cinque anni) sono classici esempi della Dottrina Trump, precedentemente nota come America First.

“L'ampliamento della disparità tra i risultati e le minori opportunità di investimento mettono in discussione l'equità fondamentale dell'attuale sistema. Errori terribili e costosi come la guerra in Iraq e la crisi finanziaria del 2008 hanno distrutto la nostra credibilità mentre gli alleati americani celebrano la generosità dei loro sistemi di assistenza sociale e denigrano i nostri. Quegli stessi alleati che spendono dell'America per difendere i loro paesi”.

Trump crede fermamente nella ricostruzione della potenza e credibilità americana attraverso la rimodulazione e rinegoziazione di tutti i rapporti con alleati ed avversari. Trump è perfettamente consapevole che la NATO non avrebbe una forza militare credibile senza gli USA. Una posizione certamente non nuova e che gli alleati dovrebbero conoscere. Al riguardo sarebbe opportuno ricordare che nella strategia di sicurezza nazionale della Casa Bianca le frasi "pratiche commerciali sleali" ed "ingiusta condivisione degli oneri con i nostri alleati" sono ripetute diverse volte. Trump, così come annunciato in campagna elettorale, rinegozierà i rapporti in base alla sua visione di "equità, reciprocità e opportunità di crescita economica".

Le divergenze della Nato nella percezione della minaccia

L'Europa di oggi non sta lottando per riprendersi dalla seconda guerra mondiale, mentre le sue capacità militari complessive dovrebbero essere alla stregua degli Stati Uniti. L’area di responsabilità della Nato è principalmente focalizzata sull’Europa, ma non vi sono guerre (nel senso stretto del termine) in questa zona. L’intervento russo in Ucraina avrebbe dovuto innescare un’inversione di tendenza per la NATO, ma la costante preoccupazione espressa dai paesi membri dell’Alleanza non si è riflessa nella spesa per la Difesa. In realtà, sia l’Ucraina con lo spauracchio di scenario bellico moderno, ma convenzionale, sia lo Stato islamico ed il suo contesto prettamente asimmetrico che la cyber difesa, rappresentano minacce reali per la sicurezza europea e per la NATO.

Stati Baltici, Polonia e Romania considerano la Russia come una immediata minaccia esistenziale. Tuttavia tale percezione cambia in Europa meridionale, dove la Russia non rappresenta una minaccia esistenziale. Sarebbe opportuno ricordare i rapporti commerciali tra Turchia (potente alleato della Nato) e Mosca o il massiccio acquisto tedesco di gas russo. E' così che si combatte un avversario? In realtà Francia e Germania non ritengono la Russia una minaccia diretta, sebbene osservino con attenzione l'impatto negativo del Cremlino sull'ordine europeo. Allo stesso tempo, entrambi propongono un approccio a doppio binario, abbracciando sia la deterrenza che l'impegno in relazioni commerciali produttive con la Russia. Per Norvegia e Regno Unito, la Russia è una minaccia, ma anche un partner economico significativo. La Russia non è un principio organizzativo centrale per la politica estera degli Stati Uniti mentre gran parte dell'attenzione tende ad essere episodica, piuttosto che una preoccupazione fondamentale per la sicurezza. I termini della partnership devono essere rinegoziati e ridefinito il terreno comune. Se la Russia è un nemico, la Nato deve prepararsi alla guerra e per vincerla. Se la Russia non è un avversario, la Nato deve cambiare la sua postura, la medesima dalla guerra fredda e plasmare le sue capacità. Prima ancora del burden sharing, la Nato deve identificare all'unanimità i suoi nemici e plasmare di conseguenza le sue difese.

Se la Russia è una minaccia esistenziale, la Nato deve prepararsi alla guerra

Le attuali forze della Nato sul territorio Baltico non rappresentano una minaccia credibile per la Russia. I giochi di guerra della Rand hanno dimostrato l’inadeguatezza dell’Alleanza contro un’offensiva russa sui Pasi Baltici (che non avverrà). In nessun contesto simulato, le attuali forze della Nato sono state in grado di mantenere le capitali come Tallin o Riga per più di 60 ore. In diverse simulazioni, la Nato è stata sconfitta in 36 ore. Un’offensiva russa lascerebbe poche opzioni agli Stati Uniti (il ricorso al nucleare sarebbe inevitabile), travolto l’attore strategico dominante in Europa centrale. Sarebbe un fallimento di quasi 75 anni di sforzi bipartisan americani per sostenere la sicurezza in Europa. Il requisito minimo per la deterrenza e la negazione lungo i confini della Nato con la Russia, è quello di garantire delle permanenti azioni strategiche.

Sarebbero necessarie sette brigate indipendenti, tre delle quali pesanti, supportate da artiglieria ed aviazione. Per essere efficaci, le brigate dovrebbero essere già schierate in Europa: dovranno essere in grado di arrestare la principale forza d’invasione russa stimata in almeno cinquanta battaglioni tattici. Con sette brigate, la Nato sarebbe in grado di difendere i Paesi Baltici per un massimo di 28 giorni.

Fortificata l’Europa bisognerà vincere, poiché la forza delle sette brigate non sarebbe sufficiente per resistere a tempo indeterminato contro le preponderanti forze russe. Il contrattacco della Nato dovrà quindi basarsi su una forza di ulteriori 14 nuove brigate indipendenti. Tale forze è ritenuta in grado di ripristinare il terreno perduto e respingere i russi fino alle loro linee iniziali. Parliamo quindi di 21 brigate. Le sette brigate della Nato dovranno essere schierate in Europa, poiché è impossibile credere che possano essere ridistribuite in tempo di guerra, considerando che le attuali forze non sarebbero in grado di sostenere un attacco ad est del fiume Oder, mentre le principali unità degli Stati Uniti sono localizzate nella Germania sud-occidentale, a più di 1.000 miglia dalla probabile zona di combattimento. Qualsiasi tentativo di supportare logisticamente e rivitalizzare le forze della Nato da quella distanza sarebbe impossibile.

La Nato non sarebbe in grado di spostare e supportare grandi formazioni di combattimento lungo il suo confine orientale ed in particolare in tutti e tre gli Stati Baltici. La Nato dovrebbe essere riorganizzata e strutturata su 21 brigate indipendenti, organizzate in tre corpi d’armata. Secondo le attuali capacità, gli Stati Uniti sarebbero in grado di fornire fino a 12 brigate indipendenti (a costi esorbitanti).

L’attuale strategia della Nato strutturata su tre brigate è tatticamente assurda ed inutile. La deterrenza minima concepita per difendere realmente gli Stati Baltici richiede una forza di sette brigate, tre delle quali corazzate. Le quattordici brigate supplementari sarebbero necessarie per contrattaccare e respingere le forze russe.

L’errata valutazione della Rand per l’ultima guerra in Europa

“Già 50 anni fa le strade di Leningrado mi hanno insegnato una regola: se lo scontro è inevitabile, colpisci per primo”. E' una delle frasi più famose del Presidente russo Vladimir Putin. Rappresenta anche la tattica di Putin. Trasliamo queste affermazioni in un contesto tattico. Nei wargame della Rand, la Russia invade l’Europa con forze pesanti, conquistando agevolmente i Paesi Baltici. Tuttavia la domanda è una soltanto: perché? Se nell’assurda ipotesi la Russia dovesse dichiarare guerra all’Europa e quindi alla Nato e cioè agli Stati Uniti, perché Putin dovrebbe comportarsi come nella Seconda Guerra Mondiale?

“Se lo scontro è inevitabile, colpisci per primo”. E colpire per primo, in gergo militare, significa utilizzare l’intero ventaglio delle opzioni disponibili per decapitare la linea di comando nemica ed impedire a quest’ultima di contrattaccare. Posto che la Russia non invaderà l’Europa, se Mosca volesse dichiarare guerra alla Nato non attuerebbe tattiche delle Seconda Guerra Mondiale, ma lancerebbe migliaia di testate termonucleari contro gli Stati Uniti ed i siti strategici della Nato. Ed ogni caso, anche se l’attacco preventivo russo avesse successo azzerando le capacità della Nato in Europa, la rappresaglia statunitense sarebbe devastante con danni inimmaginabili. La griglia di rilevazione statunitense consentirebbe di contrattaccare prima ancora di essere colpiti dai russi.

Concepire una guerra con delle regole d’onore sarebbe da stupidi. Tanto varrebbe consegnarsi al nemico. La guerra convenzionale è prerogativa delle potenze non nucleari. Se Putin volesse dichiarare guerra alla Nato lancerebbe un migliaio di testate termonucleari, non ordinerebbe ai carri armati di violare i confini dei Paesi Baltici. Sarebbe comunque l’ultimo ordine di Putin. Le super potenze continueranno a farsi la guerra per procura in scenari asimmettrici.

La Nato deve cambiare la sua postura strategica

La Nato non può più definire come sua ragion d’essere la protezione dell’Europa dall’invasione russa. L'Alleanza oggi è mal strutturata, mal equipaggiata e mal finanziata per affrontare i principali problemi di sicurezza della regione europea. Tuttavia è imperativo che la Nato si scrolli di dosso il cadavere della guerra fredda. Prima ancora del burden sharing (la condivisione degli oneri), la Nato deve identificare all'unanimità le minacce esistenziali. Successivamente analizzare non solo gli input (la quantità di denaro speso) ma anche sugli output, le effettive capacità militari che gli alleati possono schierare. La Nato deve innanzitutto essere unanime nei suoi intenti ed essere strutturata sulle reali capacità specifiche plasmate sulle minacce esistenziali percepite e ritenute come tali.

La Nato vista da Trump (e dagli americani)

Attualmente gli Stati Uniti mantengono una forza permanente di 32 mila soldati in Germania. Il punto non riguarda soltanto le forze Nato schierate in Europa (irrilevanti senza gli Usa), ma sul costo qualora scoppiasse un conflitto con la Russia (che non ci sarà). Il burden sharing, cioè l’equa divisione degli oneri tra gli alleati, è stato uno dei cavalli di battaglia di Trump in campagna elettorale. Il costo di una guerra convenzionale in Europa sarebbe immenso (concetto ampio). Il costo di una guerra nucleare inimmaginabile, poiché le testate termonucleari russe colpirebbero con certezza assoluta le citta americane. Durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti riconobbero ad accettarono il costo dell’enorme sistema militare allestito in Europa, pronto ad ammortizzare l’invasione dell’Unione Sovietica. Dopo la fine della guerra fredda, gli alleati diedero per scontato che gli Stati Uniti mantenessero i medesimi impegni strategici. Oggi gli USA si ritrovano ad affrontare altre regioni prioritarie, in particolare nel Pacifico occidentale. L'opinione pubblica americana si aspetta che i paesi ricchi dell'Europa si difendano da soli, con Stati Uniti in ruolo di supporto strategico in base alle necessità. Nella Dottrina Trump (una Dottrina Nixon 2.0) il futuro impegno degli Stati Uniti ai sensi dell'articolo 5 è subordinato alla performance europea. Tali capacità fornite dagli Stati Uniti dovrebbero essere specificamente adattate per rafforzare i piani della Nato. Secondo la nuova divisione globale delle responsabilità, gli stati europei si concentrerebbero sulla minaccia meridionale. Per affrontare la minaccia russa nell'Europa nordorientale, gli Stati Uniti dovrebbero guidare e sviluppare i requisiti per le forze in grado di scoraggiare e, se necessario, sconfiggere l'aggressione russa irregolare e convenzionale. Per Trump e gli americani i membri della Nato in Europa sono pienamente in grado di provvedere alla propria difesa.

L’ombrello nucleare degli Stati Uniti

Le armi nucleari sono per natura indiscriminate e ogni loro utilizzo comporta il rischio di un'escalation incontrollata. Il requisito primario della sicurezza nazionale statunitense è la protezione del proprio popolo, ma l’ombrello nucleare e convenzionale Usa si estende per oltre trenta stati in tutto il mondo. Il concetto di deterrenza estesa significa semplicemente che uno Stato fornirà la sicurezza ad secondo Stato paventando la ritorsione contro un terzo che potrebbe desiderare di attaccarlo. È un’estrapolazione logica della teoria della deterrenza. La deterrenza estesa impegna gli Stati Uniti ad entrare in guerra con un’altra grande potenza per proteggere uno Stato più vulnerabile. Quando gli Stati Uniti scelgono di garantire la deterrenza estesa ad un altro Stato, tale impegno include tutte le misure previste, comprese quelle nucleari. La deterrenza è essenzialmente un’arma psicologica attiva sulle percezioni del potenziale avversario, ma perderebbe la sua efficacia senza una capacità credibile. I giudizi non possono essere determinati dalla moda, ma l’unica utilità positiva delle armi nucleari è il loro non impiego. Il concetto Dial-a-yield è puramente teorico e si basa sulla facilità di impiego a causa delle resa esplosiva relativamente piccola. La deterrenza è però efficace poichè significa chiarire le minacce. Ed è proprio compito della diplomazia "rassicurare". Senza una chiara rassicurazione, la deterrenza aumenterà il rischio di un'escalation nucleare incontrollata.

La postura strategica statunitense

La deterrenza statunitense si basa su un arsenale in grado di scongiurare qualsiasi ricorso al nucleare: è il concetto della Distruzione Mutua Assicurata. Non è concepito in linea teorica per essere utilizzato per prevenire o durante un attacco convenzionale o in presenza di impiego di armi chimiche e biologiche sul campo. Il principio di base di questa postura è che nessun avversario avrebbe alcuna ragionevole possibilità di azzerare l'intero arsenale nucleare americano e sfuggire ad un apocalittico attacco di rappresaglia. L’infallibilità del ruolo di Presidente degli Stati Uniti gli conferisce questa precisa capacità di discernimento. Come parte vitale della deterrenza nucleare Usa, Donald Trump può autorizzare senza la dichiarazione di guerra del Congresso un attacco preventivo (First Strike) e di rappresaglia (Second Strike) in risposta alla rilevazione di testate nucleari nemiche in volo o pericolo imminente per sopravvivenza stessa della nazione. In sintesi: non esiste limite al potenziale uso della forza nucleare.

La garanzia politica USA

Lo scopo finale delle armi nucleari è il medesimo elaborato alla fine degli anni ’40: scoraggiare un attacco armato contro gli Stati Uniti e proteggere i suoi alleati. Per definizione, “gli asset nucleri sono uno strumento per impedire l’aggressione di qualsiasi tipo contro gli interessi nazionali e vitali dell’America”. E’ il concetto della garanzia politica. E’ il medesimo che si applica, ad esempio, per la bomba nucleare tattica guidata B-61 in Europa. Le B-61 dovrebbero rappresentare un deterrente strategico ritenuto in grado di dissuadere anche gli stessi alleati dallo sviluppare armi nucleari fatte in casa. Vanno quindi intese come una garanzia politica degli Stati Uniti, che ne detengono la proprietà e la discrezionalità, a protezione dell’Europa. L’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord è stata concepita per supportare logisticamente la presenza in Europa degli Stati Uniti. Parliamo di una strategia che proviene direttamente dalla guerra fredda. La responsabilità condivisa per le armi nucleari si basa sulla solidarietà degli alleati della Nato e l’unità di intenti a protezione dell’integrità territoriale. Ma è ancora valido il concetto di arma nucleare tattica o arma nucleare non strategica? No. Non esiste alcuna arma nucleare tattica.

Riallineare le priorità della NATO

Fin dalla creazione della NATO, gli Stati Uniti hanno dominato il processo decisionale, investendo la maggior parte delle risorse e delle forze a protezione della sicurezza continentale su asset convenzionali e nucleari. Francia e Gran Bretagna hanno creato le proprie forze nucleari, ma probabilmente sarebbero state riluttanti a lanciare testate atomiche contro l’Unione Sovietica, lasciando agli Stati Uniti tale prerogativa. In uno studio per il Consiglio Atlantico, si afferma che “al fine di impedire la minaccia nucleare russa, la NATO deve riallineare le sue priorità, considerando eventuali modifiche alla sua postura convenzionale e nucleare. La NATO deve contrastare la coercizione nucleare insita nella strategia di guerra ibrida della Russia”. Quello studio, interpretato volutamente in modo ambiguo, rilevava l’impellente necessità di modificare la postura della NATO. La Nato non può più definire come sua ragion d’essere la protezione dell’Europa dall’invasione russa, né considerare gli Usa come il garante della sicurezza in Europa a costo zero. Gran Bretagna e Francia possiedono armi nucleari, ma potrebbero non impiegarle a difesa degli altri stati. Tale postura verrebbe certamente riscritta qualora gli Stati Uniti affidassero la copertura strategica dell’Europa agli europei. Tutto dipende dalla percezione degli Stati Uniti, bersaglio primario della rappresaglia russa in caso di guerra con l’Europa.

Eurodeterrenza: l'incertezza credibile

Qualora scoppiasse un conflitto in Europa, ad essere colpiti dalle testate nucleari russe sarebbero proprio gli Stati Uniti a cui è demandata la copertura strategica. Un ragionamento tollerato dagli americani durante la guerra fredda, ma non più condiviso oggi. Le politiche protezionistiche e isolazioniste di Trump potrebbero aver allargato la divisione diplomatica tra i due continenti, ma l'Alleanza stessa non dovrebbe essere in pericolo. Trump ha approvato l'articolo 5 anche se in modo meno ideale. In ogni caso, l’Europa non ha un piano alternativo all’ombrello nucleare Usa, poiché (ragionando per assurdo) lo stesso arsenale strategico della Francia condiviso (che andrebbe modernizzato per superare le difese russe), sarebbe troppo piccolo per scoraggiare Mosca. Poiché la deterrenza esiste nella mente dell’avversario che deve credere con una ragionevole certezza di subire danni inaccettabili, l’Europa non avrebbe altra scelta che sviluppare ulteriori capacità strategiche. Innumerevoli i punti oscuri come il consenso politico sui protocolli di impiego per le testate nucleari (attacco preventivo o rappresaglia), la condivisione militare nella scelta dei target, la linea decisionale e la ripartizione del budget per finanziare i nuovi asset (quali nazioni le ospiteranno diventando target?) e mantenerli in costante stato di pronto al combattimento. Rimanere sotto l'ombrello nucleare statunitense e nell'ambito del regime di condivisione nucleare della NATO è preferibile a qualsiasi altra opzione per l'Europa. Tuttavia, i leader europei dovrebbero quantomeno disporre di un piano alternativo condiviso che oggi non esiste (anche puramente accademico) qualora nella remota ipotesi un giorno dovessero essere chiamati ad una risposta senza gli Stati Uniti.

Nessuna cortesia: dall’Europa gli Stati Uniti proteggono il territorio statunitense

Gli interessi americani nella sicurezza dell'Europa sono così importanti da giustificare il costo delle forze USA schierate nel Vecchio continente? Il punto è questo. La teoria della solidarietà euro-atlantica sulla questione russa è utopia, poiché le preoccupazioni e le prospettive di un gruppo di Paesi non diventeranno mai posizioni dell'Alleanza nel suo complesso ed accettate da tutti i membri. Gli alleati europei sbagliano se affermano di non essere in grado di difendersi dalla Russia. Perchè se la Russia è l'unico motivo per cui gli Stati Uniti dovrebbero proteggere l'Europa, gli alleati dovrebbero considerare Putin alla stregua di Stalin e Hitler. La Russia, se cosi fosse, dovrebbe essere riconosciuta da tutti gli alleati degli Stati Uniti come una minaccia esistenziale. Così non è. In realtà è la sicurezza dell’America in patria a dipendere dalla protezione dell'Europa. Le strutture statunitensi in Europa, sono lì per proteggere gli interessi nazionali degli Stati Uniti.

Ci si dimentica, ad esempio, cosa rappresentano nella strategia statunitnese le basi di Ramstein in Germania, Incirlik in Turchia o Sigonella in Italia. Il Cost Plus 50 è un tentativo di tenere fede ad una promessa elettorale. Se da un lato sono molti gli americani che vorrebbero lasciare l'Europa agli europei, dall'altro nessun politico rischierà di mettere a rischio l'influenza e la leadership statunitense.

Nessun politico rischierà la capacità americana di schierare rapidamente le truppe in Europa, Medio Oriente e Africa e ridurre la portata globale di proiezione. Gli Stati Uniti, la forza militare più potente del pianeta, non possono fare tutto da soli.

Gli Stati Uniti non schierano truppe oltremare per la bontà dei loro cuori, ma per servire gli interessi dell'America.

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