È stata in prima linea nel processo a quelli che finora erano i criminali più spietati apparsi sulla scena politica europea dopo la II Guerra mondiale, Ratkko Mladic e Radovan Kalazdic. E ora Carla Del Ponte, già procuratore del tribunale speciale per i crimini nella ex Jugoslavia, chiede che la giustizia internazionale si muove con decisione contro i crimini di guerra che gli invasori russi stanno compiendo in Ucraina. Alla Corte penale di giustizia dell'Aja, la Del Ponte chiede una iniziativa che rompa l'immobilismo e le cautele: un mandato di cattura nei confronti di Vladimir Putin, primo responsabile - per sua stessa ammissione - delle operazioni militari iniziate il 24 febbraio e dei sistematici attacchi ad obiettivi civili che hanno accompagnato l'invasione, causando migliaia di vittime tra la popolazione indifesa.
Carla Del Ponte affida la sua richiesta a una intervista al quotidiano svizzero Le Temps, pubblicata ieri. La Del Ponte si rivolge ai vertici della Corte penale internazionale perché emettano al più presto un mandato di cattura internazionale nei confronti dell'uomo del Cremlino. «Putin è un criminale di guerra», dice senza mezzi termini la Del Ponte. «Emettere un mandato del genere - sottolinea - non significa che Putin venga arrestato; se rimane in Russia, non sarà mai così e gli sarà impossibile lasciare il suo Paese e questo sarebbe già un segnale importante che ha molti Stati contro di lui».
La Corte, come è noto, fin dal 3 marzo ha aperto una indagine preliminare sull'aggressione russa, su richiesta dapprima della sola Lituania e poi di altri 38 paesi (Italia compresa) che ne fanno parte. A condurre le indagini preliminari è la Procura, guidata dal giurista britannico Kharim Khan, fama di magistrato rigoroso, ma rimasta finora priva di passi avanti concreti. La Del Ponte nella sua intervista sembra rivolgersi direttamente ai massimi vertici della Corte, che peraltro in questo momento è presieduta da un giudice polacco: espressione, ovvero, di uno dei paesi che più apertamente hanno chiesto un impegno frontale della comunità internazionale contro le brutalità russe. È dal presidente, Piotr Hofmanski, che la Del Ponte invoca un segnale forte non solo contro Putin, ma anche contro i suoi massimi gerarchi, diretti responsabili delle operazioni sul campo: «Bisogna trovare anche prove che incriminino alti dirigenti politici e militari. La difficoltà è proprio arrivare ai vertici della catena di comando per identificare chi ha pianificato, ordinato e compiuto questi crimini di guerra».
In questo momento, gli orrori ucraini non sembrano in testa all'agenda della Corte, impegnata su altri fronti indubbiamente importanti: ieri il procuratore Kharim Khan era a Caracas a trattare (senza successo) con Nicolas Maduro l'apertura di una indagine su quanto accaduto in Venezuela, mentre mercoledì si aprirà il processo al generale sudanese Ali Abd al Rahman. Nei giorni scorsi Sergei Vasiliev, docente di diritto internazionale ad Amsterdam, ha definito addirittura «tartarugheschi» i ritmi dell'indagine della Corte su una emergenza ucraina che dovrebbe richiedere verosimilmente un canale preferenziale.
A chiedere al presidente Hofmanski l'emissione del mandato di cattura contro Putin dovrebbe essere comunque la Procura, ovvero Kharim Khan. La vera difficoltà, riconosciuta dalla stessa Del Ponte, sarebbe comunque catturare davvero Putin.
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