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Promemoria per i nostalgici del ’68: la Meglio gioventù era a Tienanmen

Un nuovo documento rivela: furono 10mila, dieci volte più di quello che si pensava, le vittime della repressione comunista. Schiacciati e poi inceneriti o gettati nelle fogne. Ma l’eroismo di quella rivolta studentesca nata e morta nella primavera del 1989, non morirà mai

Promemoria per i nostalgici del ’68: la Meglio gioventù era a Tienanmen

«Come dicono i nostri vecchi: conduci con la virtù, sottometti con la legge». Bo Yibo, era uno degli «otto immortali» del Comitato permanete del Politburo cinese, uno dei grandi vecchi del Partito Comunista. Quale fosse la virtù da inculcare nella testa del popolo lo abbiamo capito quando sbocciò quella Primavera di quasi trent’anni fa, quando il vento della rivoluzione pacifica soffiò sulla Cina, quando la meglio gioventù cerco di prendersi quello che non aveva mai avuto: la libertà di esprimersi, di scegliere, di vivere. Non era quella la virtù che il Partito Comunista voleva per i suoi ragazzi. Ora si sa che furono almeno 10mila i morti ammazzati della rivolta di piazza Tienanmen e nessuno immaginava fossero così tanti. Ai tempi provarono a calcolare sparando alto, ma non ci presero per difetto: La Bbc dava tremila vittime, la Reuters più di un migliaio, l’Ap non andava oltre i cinquecento. Per i media di regime cinesi invece non era praticamente successo niente. «Stima minima di 10.000 morti civili», si scopre oggi grazie a un telegramma spedito a Londra dall’ambasciatore britannico Alan Donald. Macabra contabilità confermata da documenti statunitensi recentemente desecretati. E con orribili dettagli di quella violenza scatenata nella notte del 3 giugno 1989 quando l'esercito entrò nel centro di Pechino per stroncare quelle sette settimane di proteste in piazza Tiananmen, il cuore simbolico del potere comunista, diventate intollerabili come la Primavera di Praga o la rivolta di Budapest.. I blindati aprirono il fuoco sulla folla prima di schiacciarli, civili o soldati che fossero. L’immagine dell’eroe solitario che sfida e blocca i carri armati con in mano solo di un sacchetto della spesa fu superata dall’orrore comunista: schiacciati i cadaveri furono raccolti con le ruspe e i resti inceneriti o smaltiti nelle fogne.

Non erano esseri umani, ma il niente da far sparire in nome della pace, della democrazia e del comunismo. Colpirne uno per educarne cento.L’eroismo di quei ragazzi però resta, un eroismo a volte ingenuo, forse un po’ sprovveduto nella sua convinzione che volere in fondo fosse davvero potere. Nelle marce studentesche per esempio si destinavano alle matricole le prime file del corteo, dov’era più probabile l’arresto, per proteggere gli studenti prossimi alla laurea. Chi pensava che i paladini dell’uguaglianza e della libertà li avrebbero invece schiacciati come topi. Prima del pranzo d’addio, organizzato dagli assistenti dell’Università di Pechino, quasi tutti gli studenti giurarono di aderire allo sciopero della fame «per promuovere la democrazia nella madrepatria e di portare prosperità nel Paese». Non avevano capito il volto disumano del regime. Pensare che la rivolta era cominciato con dei palloncini. Il 17 aprile gli universitari di Pechino organizzarono cerimonie per la morte del leader riformista Hu Yaobang. Composero più di 700 elogi e distici, ma la polizia sequestrò i palloncini con la scritta «Yaobang non morirà mai». Sembra una protesta da liceali. Soffocata la rivolta Zhao Ziyan, che era il primo ministro trovò i colpevoli di tutto nella farsa: «Deng Xiaoping ha detto che questo sconvolgimento si è verificato per ragioni che vanno al di là della volontà umana, che si è trattato del risultato inevitabile dell’interazione tra il grande clima nel resto del mondo e il clima ridotto in Cina. Ha anche detto che è stato meglio che sia accaduto adesso anziché più tardi». Colpa del clima insomma. Scriveva Liu Xiaobo, Premio Nobel per la pace, condannato a 11 anni dal regime e scomparso nel luglio di quest’anno: «La libertà di parola è base dei diritti umani, radice della natura umana e madre della verità. Uccidere il diritto di parola insulta i diritti, soffoca la natura umana, zittisce la verità».

Tienananmen non è mai morta.

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