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La reinterpretazione della teologia islamica negli attentati durante il ramadan

L'Isis decontestualizza le classiche prescrizioni del Corano per garantire un supporto religioso ad omicidi e missioni di martirio durante il Ramadan

La reinterpretazione della teologia islamica negli attentati durante il ramadan

Analizzare la mentalità radicale jihadista che considera l’omicidio durante il mese sacro del Ramadan come giustificato e divinamente ispirato. E’ questo l’assioma alla base della guerra totale contro gli infedeli, avviata poche settimane prima l’inizio del mese più sacro per i musulmani. Se l'Occidente non capisce come l'Isis elabora e decontestualizza la teologia islamica e continua ad essere carente di quella necessaria profondità ideologica, non sarà mai in grado di combatterla efficacemente.

Il punto di vista dei terroristi

Gli attentati avvenuti a Kabul, Manila, Londra, Manchester, Baghdad e Teheran, secondo la distorta visione dell’Isis, sono da considerare giusti e non violano assolutamente le Sacre Scritture. Il Ramadan è il periodo per eccellenza nell’Islam dedicato al digiuno per la prima rivelazione del Corano al profeta Maometto. L’osservanza annuale è considerata come uno dei cinque pilastri dell'Islam e obbliga i musulmani ad astenersi dal comportamento peccaminoso e dal combattere se non per autodifesa. Secondo la Scrittura islamica, i premi spirituali del digiuno si moltiplicano durante il Ramadan, mentre saranno perdonati i peccati precedenti.

La reinterpretazione della teologia islamica risale al 2014, durante i primi sermoni di Abu Mohammed al-Adnani, portavoce del gruppo e del califfo autoproclamato Abu Bakr al-Baghdadi. Il linguaggio jihadista non va inteso come letterale, ma interpretato ed incastonato in un preciso contesto con un chiaro obiettivo strategico. Al Baghdadi, nella sua prima apparizione pubblica in una moschea nella città irachena di Mosul, gettò le basi della nuova mentalità radicale islamista sostenendo la liceità e la natura obbligatoria della jihad nel Ramadan. Il discorso di al Baghdadi, decontestualizzava le classiche prescrizioni del Corano per garantire un supporto religioso ad omicidi e missioni di martirio.

“Durante il Ramadan, gli atti virtuosi (omicidi) varranno mille volte più di qualsiasi altro periodo dell’anno. Questo è il mese in cui il profeta ha ordinato agli eserciti di combattere contro i nemici di Dio. E Dio ama chi uccide i nemici in suo nome”.

Un semplice passaggio che, di fatto, elevò la jihad durante il Ramadan ad obbligo per i musulmani. L’omicidio degli Occidentali, che è sempre di ispirazione divina, durante il Ramadan acquisisce una valore ulteriore poiché moltiplica le ricompense spirituali. La Sacra Scrittura Islamica è stata così stravolta da messaggi che invocano a “guadagnare il massimo beneficio durante il Ramadan”.

È questa la base teologica alla base degli attacchi durante il Ramadan, da Al-Adnani definito come “il mese di conquista”.

Difendere i confini durante il Ramadan

Prendiamo a riferimento i precedenti numeri di Rumiyah. I testi di propaganda, spesso ritenuti fuorvianti ed irrilevanti, vanno intesi come veri e propri manuali di formazione per la radicalizzazione a distanza per contrastare e screditare la narrazione distorta promossa dall’Occidente. E' uno degli strumenti della narrativa pubblica, anche se ne esiste una parallela privata. In preparazione del Ramadan, l’Isis iniziò ad utilizzare in diversi messaggi ed articoli pubblicati su Rumiyah la parola ribat. Quest’ultima inserita gradualmente nei testi, è stata poi associata al Ramadan per un binomio linguistico divenuto costante. Non si trattava, così come erroneamente inteso, di semplice propaganda con riferimento al Medioevo islamico. Con il termine Ribat ci si riferisce ad un avamposto di frontiera ai confini del mondo islamico. Una struttura fissa quindi, in grado di assolvere ad un duplice scopo di natura spirituale e militare. Frasi come “Fare Ribat”, nella raffigurazione moderna della jihad con la scrittura islamica classica, iniziarono a ripetersi costantemente nei testi e nei messaggi dei terroristi. Poiché la legittimità dell’Isis tra i suoi seguaci si basa sulla rivendicazione delle dottrine islamiche, contestualizzare il Ramadan a momento di lotta divina contro i nemici di Dio ha pienamente senso. I seguaci dell’Isis credono di osservare l'Islam nella sua forma più efficace.

Per i veri musulmani praticanti sparsi per il mondo, il Mese Santo si onora con pace e profonda introspezione. L’Isis, tuttavia, si definisce come il ramo puro dell’Islam nella sua forma più vera. L’omicidio durante il Ramadan non è una violazione della Sacra Scrittura, ma un obbligo in rispetto alla nuova rivisitazione moderna della teologia islamica. Poiché sono le azioni terrene che garantiscono le ricompense divine, l’omicidio durante il Ramadan ha pienamente senso.

Se l'Occidente non capisce come l'Isis elabora e decontestualizza la teologia islamica, non sarà mai in grado di combatterlo efficacemente.

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