Cuba - La fine di un'era

Cuba, riapre l'ambasciata americana "Avanti senza i vincoli del passato"

Sono passati 54 anni da quando il drappo a stelle e strisce fu ammainato. Dal '45 nessun capo della diplomazia sbarcava all'Avana

Cuba, riapre l'ambasciata americana "Avanti senza i vincoli del passato"

Settant'anni. Tanto è passato dall'ultima volta che un capo della diplomazia statunitense ha messo piede a Cuba. Nel 1945 fu Edward Stettinius, che sbarcò all'Avana il 9 marzo, di ritorno da una conferenza internazionale a Città del Messico negli ultimi giorni della Seconda guerra mondiale.

Questa volta è stato John Kerry - ancora claudicante, a causa di una recente rottura del femore - a calcare il suolo dell'isola castrista, in un altro step del processo di avvicinamento tra i due Paesi.

Messa la parola fine all'isolamento imposto a Cuba, oggi riaprirà anche l'ambasciata statunitense. Un passo fortemente voluto dal presidente Barack Obama, per lasciarsi alle spalle 54 anni durante i quali non c'è stato nessun rapporto diplomatico ufficiale tra Washington e l'Avana.

La bandiera che sventolava sopra la rappresentanza americana era stata ammainata il 4 gennaio 1961. Tre marine si occuparono di quel gesto che sanciva la chiusura delle relazioni bilaterali. Jim Tracy, Mike East e Larry Morris, oggi tutti pensionati ed ultra-settantenni, sono arrivati a Cuba con John Kerry. Loro portarono via il drappo a stelle e strisce. A loro spetta rimetterlo al suo posto, sul lungomare del Malecon.

Stati Uniti e Cuba "non sono prigionieri della storia", ha detto Kerry, ricordando il travagliato passato delle loro relazioni e auspicando che si esplorino "le possibilità" che nuovi rapporti permettono e che all'Avana "democrazia autentica" e rispetto dei diritti umani guidino le decisioni.

"Mi sento davvero a casa qui", ha ammesso il segretario di Stato americano nel suo discorso davanti all'ambasciata, ricordando anche il contributo del Vaticano per il nuovo corso.

Presente all'Avana anche il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodriguez, che a Kerry ha detto di essere pronto a parlare di diritti umani, su cui restano "posizioni diverse", e di poter accettare "che su alcuni sarà difficile arrivare a un accordo".

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