Sapan Desai, il medico che ha "ingannato" anche Lancet sul Covid-19

Il dottor Sapan Desai pubblicò un'analisi su Lancet che mise il mondo in guardia contro l'uso di clorochina e idrossiclorochina per il trattamento del Covid-19. Ora i suoi studi vengono sconfessati dal mondo scientifico

Sapan Desai, il medico che ha "ingannato" anche Lancet sul Covid-19

È sufficiente tornare indietro allo scorso marzo per leggere cosa scriveva buona parte della stampa progressista contro Donald Trump e l'uso, da lui promosso, di clorochina e idrossiclorochina, due farmaci antimalarici. Ebbene ora si scopre che a generare grande confusione sull'argomento non è il stato il Presidente Usa, bersaglio prediletto della stampa progressista mondiale, ma il dottor Sapan Desai. 41 anni, Desai è nato a North Store, nell’Illinois, ed è figlio di migranti indiani. È il fondatore di una società di dati, la Surgisphere, che come scrive il Corriere della Sera, si sta rivelando un pozzo di approssimazione, se non di vera disinformazione. O per usare un'espressione ora va in molto in voga, di vere e proprie fake news.

Come ricorda il Corriere della Sera, Desai, in collaborazione con un professore di Harvard, Mandeep Mehra, è l'autore di uno studio molto controverso sull’utilizzo in chiave anti-Covid della idrossiclorochina. Il 21 maggio, Lancet, la pubblicazione medica più autorevole al mondo, pubblicò l’analisi di Desai: a suo dire i pazienti trattati con clorochina e idrossiclorochina risultavano cinque volte più esposti degli altri ad aritmie cardiache e correvano, quindi, un alto rischio di morte. Il team di Surgisphere sostenne di aver esaminato le cartelle cliniche di circa 100 mila pazienti Covid, raccolte in 671 ospedali sparsi nei sei continenti. Quella pubblicazione ebbe naturalmente un grandissimo risalto mediatico nonché un impatto importante sulla sperimentazione: tant'è che l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) decise di interrompere i test. "Sulla base delle evidenze scientifiche combinate" attualmente in possesso dell'Oms, notava l'ente il 17 giugno, "è emerso che l'idrossiclorochina non riduce la mortalità né il periodo di ricovero dei pazienti con Covid-19 e per questo l'executive group del Solidarity Trial ha deciso di interrompere" la sperimentazione su questo farmaco. A sostenerlo era Ana Maria Henao Restrepo, funzionaria del dipartimento di immunizzazione, vaccini e medicinali biologici dell'Organizzazione mondiale della sanità, in conferenza stampa a Ginevra.

Fretta, approssimazione, confusione: errori con i quali il mondo scientifico nel suo complesso ha fatto i conti in questi mesi di emergenza sanitaria. Fino a che è arrivata la svolta, a smentire proprio quello studio controverso redatto dal dottor Desai e incredibilmente pubblicato sulla rivista scientifica più autorevole del mondo. È il 4 giugno quando, a seguito di uno scoop del Guardian, che metteva in forte discussione i dati riportati dallo studio di Desari, Lancet ritira l'articolo e sconfessa tutto il lavoro del medico di origini indiane. Nello stesso periodo i medici rilevano numerose criticità anche nello studio, sempre redatto da Sapan Desai, apparso il 1 maggio sul The New England Journal of Medicine nel quale esaminava l’interazione tra Covid-19, malattie cardiovascolari e gli effetti "non negativi" delle medicine per abbassare la pressione del sangue. Anche in quel caso il The New England Journal of Medicine decide di ritirare l'articolo e sconfessare il lavoro di Sapan Desai. Un medico che, come scrive il New York Times, riportando alcune testimonianze dei suoi colleghi, appare piuttosto approssimativo e superficiale nel suo lavoro e nelle diagnosi.

Per quanto concerne l'uso dei farmaci anti-malaria, è pur vero che l'efficacia della idrossiclorochina rimane per il momento piuttosto dubbia. Nei giorni scorsi, uno studio condotto dai ricercatori dell’Università del Minnesota ha rilevato l’inefficacia dell'idrossiclorochina nel trattamento delle forme lievi di Covid-19.

Circa il 24% dei pazienti trattati con idrossiclorochina nello studio presentava sintomi persistenti nell’arco di osservazione di 14 giorni, mentre nel gruppo del placebo ad avere sintomi persistenti era circa il 30% dei soggetti. Una differenza statisticamente non significativa per il team di ricerca.

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