Scudo antispread, la Germania vuole un altro Mes

Il ministro delle Finanze Lindner avvisa l’Italia: "Gli aiuti siano condizionati alle riforme"

Scudo antispread, la Germania vuole un altro Mes

«Chi fuori dalle regole vuole soldi dalla Bce deve essere pronto a delle contropartite». In Germania cresce la pressione sulla Bce affinché lo scudo antispread sia impostato con delle condizionalità, una cosa che riporta alla memoria il vecchio e temuto Mes (il fondo salva-Stati). L'ultimo a intervenire sul tema, intervistato dallo Spiegel, è Lars Feld, il consigliere economico del ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner. Un ulteriore segnale di contrarietà del maggiore azionista della Bce, dopo che dai verbali della riunione del 9 giugno era emersa anche la posizione critica di Isabel Schnabel, membro di Berlino del board Bce, che aveva sottolineato come lo spread fosse cresciuto in realtà solo nei Paesi con il rapporto debito/pil più elevato: Italia e Grecia. E che, in sostanza, questi Paesi avrebbero dovuto fare la loro dose di «compiti a casa» prima di pretendere gli acquisti aggiuntivi della Bce sui loro titoli di Stato.


Feld, però, è stato ancora più esplicito: l'Italia dovrebbe mettere sul piatto «riforme», che devono essere monitorate da istituzioni indipendenti. «Altrimenti la stabilità dell'unione monetaria sarebbe in pericolo», aggiunge. Feld, infatti, ritiene che la situazione al momento non sia paragonabile a quella in cui ci si trovò 10 anni fa e accusa la Banca centrale di allarmismo: «Nel 2012 l'Italia doveva pagare tassi del 7% e più. Questo è già diverso dal 3%, che oggi si registra mediamente». Un pensiero che difficilmente può essere distante da quello di Lindner, che ha parlato più volte della necessità di ridurre il deficit di bilancio e che non c'è bisogno «di essere nervosi sullo spread».


Ieri, intanto, la Bce ha effettuato il primo stress test sul rischio climatico che ha coinvolto 104 istituti nel periodo gennaio-luglio 2022.

È emerso che circa il 60% delle banche europee non testa i rischi sul business derivante dai cambiamenti climatici e la maggior parte degli istituti non include il fattore clima tra i propri modelli di rischio di credito.

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