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L'asse Draghi-Macron per cambiare il patto di stabilità

La lettera aperta di Draghi e Macron è prima di tutto una proposta esplicita a Olaf Scholz perché apra a discussioni triangolari con l'Italia e la Francia per conciliare le diverse posizioni e trovare un'unica via di riforma del Patto

L'asse Draghi-Macron per cambiare il patto di stabilità

Una nuova strategia per la crescita, una rivendicazione dei risultati ottenuti nella lotta alla pandemia e alle sue conseguenze economiche, una netta e chiara presa di posizione sulla necessità di riformare le regole europee. La lettera congiunta firmata da Mario Draghi e Emmanuel Macron, pubblicata dal Financial Times, è la prima iniziativa politica congiunta dopo la firma del Trattato del Quirinale, la prima proiezione strategica dell'obiettivo italo-francese di dare continuità al percorso inaugurato con Next Generation Eu e, soprattutto, la più grande sfida mai portata alle logiche europee del rigore.

Parola d'ordine: discontinuità

Il capo di governo italiano e il capo di Stato francese mettono, nero su bianco, il loro impegno per andare in direzione di una necessità ritenuta primaria per l'Europa: modificare le regole di bilancio, riformare il Patto di Stabilità, cambiare la governance europea per evitare che, alla fine della fase di sospensione sospensione del Patto a causa Covid che scadrà il 1° gennaio 2023, tornino in auge le antiche logiche dell'austerità, del rigore contabile, dell'ottusità sul controllo dei conti.

Il sentiero che tracciano Draghi e Macron mira a consolidare, per la prima volta, l'asse tra i Paesi dell'Europa meridionale e mediterranea che già sta avendo un primo esempio nella cooperazione rafforzata tra Spagna e Portogallo e a presentare una posizione negoziale comune a febbraio 2022, quando inizieranno le discussioni concrete sulla riforma del Patto.

Macron e Draghi espongono le ragioni di fondo del loro "manifesto" laddove sottolineano che "abbiamo bisogno di una strategia di crescita dell'Ue per il prossimo decennio, e dobbiamo essere pronti ad attuarla attraverso investimenti comuni, regole più adatte e un miglior coordinamento, non solo durante le crisi". In questo contesto, si riconosce che "la capacità di utilizzare la politica di bilancio per proteggere i nostri cittadini e trasformare le nostre economie è stata ed è tuttora un elemento centrale di questa strategia", nel quadro di una crescente necessità per l'Europa di giocare da protagonsita le grandi partite tecnologiche, geopolitiche, economiche globali.

La fondamentale lezione di Savona

Alla prova dei fatti, come può cambiare il Patto sulla scia delle proposte di Draghi e Macron? Il sentiero è tortuoso e complesso perché si scontra con le bizantine regole della burocrazia europea.

Bisogna capire innanzitutto che obiettivi Draghi e Macron intendono promuovere concretamente. I due leader sembrano riconoscere la critica che, in tempi non sospetti, tre anni fa Paolo Savona, Ministro degli Affari Europei nel governo Conte I, aveva esposto verso i trattati, ritenendoli opachi e complessi, un freno alle politiche di spesa dei governi per investimenti strategici e un volano per un'eccessiva responsibilizzazione della politica monetaria.

L'Europa "più forte e più equa" di Savona è oggi l'Europa "più forte, più sostenibile e più giusta" immaginata da Draghi e Macron che chiedono più flessibilità sulle regole, maggiori spazi per la politica di bilancio e una divisione tra debito "buono" utilizzato per politiche di crescita e spesa corrente senza creazione di valore aggiunto per l'economia.

La necessità di un'intesa con la Germania

I propositi di Savona non ebbero allora seguito perché da Berlino, in particolar modo, non si aveva intenzione di prestare attenzione alle idee di riforma che provenivano dal lato italiano. Oggi la situazione, a causa della pandemia, è diversa. La lettera di Draghi e Macron all'Europa è infatti, prima di tutto, una lettera alla Germania e al suo nuovo governo. Il socialdemocratico Olaf Scholz si è insediato come Cancelliere lenendo le tendenze del Partito Liberale a ergersi a censore del bilancio europeo e ottenendo il via libera del neo-ministro delle Finanze Christian Lindner all'apertura di un processo di revisione del Patto di Stabilità. Nel calcolo italo-francese, in ogni caso, una consapevolezza della volontà della Germania, vero attore pivotale per la riforma delle regole, non può non mancare. E non a caso Draghi e Macron mirano a inserire anche un impegno alla riduzione dello stock di debito pubblico in rapporto al Pil per indorare la pillola ai tedeschi.

La triangolazione si potrebbe trovare in questo senso: Italia e Francia chiedono sostanzialmente la fine dell'irrigidimento sul 3% nel rapporto deficit/Pil e sul 60% in quello debito/Pil e del loro paragone a vere e proprie "ordalie" sul giudizio degli Stati, e intendono aprire un percorso che consenta di contare separatamente, scorporandolo dal computo, il deficit utilizzato per politiche strategiche. La Germania, anche con un governo che segue l'apertura dell'ultima Merkel, non perde però la focalizzazione sul debito collettivo, risultando disposta a "pagare" la ricostruzione dei mercati limitrofi con i suoi soldi solo nel breve periodo, non mancando di ritenere prioritario un impegno a una riduzione dei debiti contratti durante la pandemia sul lungo periodo. La quadra si può trovare liberando le energie che portano alla crescita dell'Unione, dunque rompendo il circolo vizioso dell'austerità.

Il fronte della trattativa coi rigoristi

La Germania, in questo contesto, è il perno per convincere i falchi rigoristi del Nord Europa della necessità di una svolta. Le modalità con cui si possono cambiare i trattati, ricorda il Riformista, sono molteplici. Nell'Unione "vi è chi vorrebbe una riforma del Patto, altri pensano a una revisione degli accordi intergovernativi “Two Pack”, “Six Pack” e “Fiscal compact”, altri, ancora, ritengono che si debba incidere soltanto su modalità specifiche degli accordi (per esempio, il parametro del rapporto debito-Pil al 100 per cento, anziché, come ora vigente, al 60), altri ancora vogliono solo introdurre, all’occorrenza, ulteriori meccanismi di flessibilità". Draghi e Macron propongono una formula ibrida che consenta di ottenere revisione e flessibilità al tempo stesso, ma la quadratura del cerchio passa per il convincimento dell'Olanda, dell'Austria e degli altri rigoristi riuniti nella Nuova lega anseatica.

Nonostante l'attuale fase di instabilità politica in molti di questi Paesi, nel febbraio 2022 ci si aspetta una serie di governi pronti a dare battaglia: la lettera Draghi-Macron appare dunque come un aperto invito a Scholz per operare una strategia di cooperazione rafforzata per trovare una piattaforma negoziale comune da presentare ai falchi europei.

Italia e Francia affermano di avere bisogno di "più spazio di manovra e di margini di spesa sufficienti per prepararci al futuro e per garantire la nostra piena sovranità" come nazioni e come Europa. E Scholz potrebbe anche essere interessato a concederla: ma solo dal confronto triangolare, con Italia e Francia capaci di portare all'attenzione di Berlino anche le istanze di Paesi in prima linea da tempo contro il rigore (Grecia, Spagna, Cipro, Portogallo) e di guidare un vero, coeso blocco mediterraneo per alzare il loro potere negoziale, può nascere una sostenibile strategia in grado di sterilizzare definitivamente le logiche dell'austerità. Il 2023 non è lontano.

E ora più che mai serve una svolta capace di bloccare sul nascere ogni prospettiva di ritorno a regole che hanno depresso a lungo la nostra economia.

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