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Siria, la squadra di Assad

Siamo andati a Damasco a conoscere tutte le persone che compongono lo staff del presidente Assad

Il presidente siriano Assad ispeziona le truppe a Darayya, sobborgo di Damasco
Il presidente siriano Assad ispeziona le truppe a Darayya, sobborgo di Damasco

A Damasco la nostra agenda è stata fitta di appuntamenti ed incontri istituzionali che ci hanno aiutato ad avere un ampio quadro della situazione, dal punti di vista siriano. Degno di nota l'incontro con Hilal al-Hilal, Segretario Generale del Baath, il partito di governo. Hilal al-Hilal è il personaggio più importante dopo Assad nel partito e quando ci riceve dobbiamo attendere che un'orda di giornalisti scarichi su di noi centinai di flash prima che il colloquio possa iniziare. “Damasco sta combattendo il terrorismo e sta difendendo l’Europa dal terrorismo, e spero che abbiate visto con i vostri occhi come i media stanno manipolando l'informazione”, esordisce nel ricevere il gruppo politico, “questa visita è l'esempio di come si possa combattere il terrorismo insieme”.

“Noi riteniamo che quelli che vogliono imporci la loro "democrazia" siano i veri terroristi mascherati”, spiega Al-Hilal, “la crisi è iniziata quando le opposizioni hanno provato ad ottenere il potere con le armi per cambiare una delle migliori costituzioni mai scritte, pretendendo il passaggio da un governo secolare ad un governo islamico”. “Noi invece”, continua “vogliamo governare includendo nell'esecutivo anche i partiti di opposizione che rispettano la costituzione. L'elezione del Presidente Assad è stata regolare ed è avvenuta sotto gli occhi degli osservatori delle Nazioni Unite. Anche gli espatriati hanno potuto votare attraverso le ambasciate”. “Il problema è che gli Stati Uniti ci accusano di terrorismo ma poi sono alleati con i veri terroristi e con Stati arretrati e privi di costituzione, in cui le donne non votano e non guidano”. Il riferimento è ovviamente all’Arabia Saudita. Poi anche lui inizia a parlare dei gruppi islamici radicali: “quando i terroristi, o i ribelli, come li chiamano gli occidentali, attaccano, la gente fugge, perché loro non hanno regole, sono contro l'umanità, sono contro la civiltà, sono dei cannibali”, usa proprio questa parola. E la intende nel suo significato letterale, facendo riferimento ad un video dove uno dei miliziani dell’Isis mangia il cuore del proprio nemico.

“A Palmira hanno distrutto la città ed ucciso le persone, sia cristiani che musulmani” prosegue il segretario del partito di governo, “fanno strage di chiunque non sia come loro e in molti si stanno unendo alla loro causa da ogni parte del mondo”. Udo Voight gli chiede se c’è secondo lui la volontà da parte degli Stati Uniti di destabilizzare la Siria come è successo con l’Iraq e l’Iran. “I nostri soldati resistono da 4 anni. Verranno ricordati come eroi” risponde.

La delegazione di movimenti e partiti europei di Alliance for Peace and Freedom, con a capo il leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, viene ricevuta anche nel parlamento siriano dove al nostro arrivo il picchetto d'onore scatta sull'attenti. Nella sala stampa dell'edificio ci accolgono membri del governo e alte cariche istituzionali e fra loro c'è il Presidente dell’Assemblea del Popolo, Mohammad Jihad al-Laham. Lo Speaker dell’Assemblea inizia subito con l’elencare quelli che ritiene essere i responsabili dei crimini contro il suo Paese: “i terroristi sono sostenuti da Israele e da Paesi aggressivi come l'Arabia Saudita, che è uno tra i principali sostenitori dei fondamentalisti. In più il fatto, ampiamente dimostrabile, che gli USA appoggino l'Arabia Saudita, rende evidente che la lotta al terrorismo di Washington è solo propaganda”. “Purtroppo anche la Turchia, stretta alleata degli europei, sta aiutando il terrorismo” , continua Al-Laham, “fornisce informazioni di intelligence e supporto logistico a quelle persone che vogliono violare illegalmente il nostro confine comune”. Inutile dire che “questi Paesi violano continuamente le risoluzioni Onu, ma non ci sono sanzioni per loro”, spiega. Il presidente del Parlamento siriano ci racconta come ormai tutto in Siria sia diventato un bersaglio, senza differenza per i civili: scuole, ospedali, infrastrutture. Per lui quella contro i terroristi e chi li sostiene viene considerata la lotta di un intero popolo. Sulle polemiche riguardo la democraticità del proprio governo si difende spiegando che “in parlamento sono apparsi molti partiti nuovi e questo vuol dire che abbiamo implementato un vero sistema democratico multipartitico: ma agli Usa la verità non importa, non importa che combattiamo contro questi cannibali reclutati in tutto il mondo”. Anche lui usa questa parola, cannibali, per definire quelli del Daesh. Jihadisti che, spiega, “vengono ormai reclutati anche nelle moschee delle grandi città europee”. “

In Europa il terrorismo non è ancora arrivato con la violenza con cui ha colpito la Siria, ma quanto pensate che manchi fino a che ciò accada se non li fermiamo ora?” avverte. Poi si difende dalle accuse della comunità internazionale riguardo l’episodio dell’attacco con il gas Sarin nel marzo del 2013 ad Aleppo. Sulle responsabilità del controverso episodio, ancora non è stata fatta totalmente luce. “Obama ha mostrato in conferenza stampa i video dei bambini uccisi col gas Sarin. Ma io vi chiedo: come sono stati girati questi video? E da chi? Lo abbiamo chiesto al presidente degli Stati Uniti ma non abbiamo ricevuto risposta”, spiega, “lo sanno tutti che abbiamo interrotto i nostri programmi chimici nell'89, e poi credete che se avessimo queste armi, le useremmo contro i nostri bambini? A quale scopo? Se le avessimo, non pensate che le useremmo contro i nostri nemici: contro l'ISIS o contro le opposizioni armate jihadiste?”. “Ci accusano come fecero con Saddam” conclude ricordando il più famoso episodio della guerra in Iraq. E sul supporto esterno al governo siriano ammette: “Russia e Iran ci aiutano a difenderci, e noi non possiamo non accettare il supporto di qualsiasi Paese che sia disposto ad appoggiarci riconoscendo la nostra sovranità nazionale”. “Non possiamo accettare di lasciare il governo nelle mani di persone che pensano di poter rappresentare il popolo siriano meglio delle persone elette” continua. Poi accusa i ribelli: “se queste opposizioni pensano di essere meglio di noi, perché non fondano un partito? Perché non si presentano alle elezioni? Perché tentano di ottenere il potere con le armi? Perché lottano contro lo Stato, contro le istituzioni, contro la Costituzione anziché migliorare la Siria attraverso le urne?”. Anche sulle ultime notizie di vittime civili causate da bombardamenti del governo con barili esplosivi in alcune aree del Paese, Al-Laham respinge le accuse al mittente “possediamo tecnologie in grado di individuare ed annientare con precisione millimetrica un terrorista. Perché dovremmo utilizzare delle armi primitive?”. “La Siria è l'ultimo baluardo per la democrazia in Medioriente”, ricorda alla fine dell’incontro con la delegazione dell’Apf.

La delegazione europea di Alliance for Peace and Freedom, invitata "cordialmente" a lasciare all'ingresso tutti i telefoni, le ami ed i dispositivi tecnologici, ha incontrato presso il blindatissimo Ministero degli Affari Esteri anche Faisal Mekdad, il vice ministro divenuto celebre durante il suo mandato di inviato permanente all'Assemblea delle Nazioni Unite (2003/2006). Mekdad inizia subito col complimentarsi con la delegazione europea per la decisione coraggiosa di recarsi in Siria di persona, e Fiore spiega che lo scopo dell’alleanza di partiti europei è anche quello di dare un contributo alla pacificazione di conflitti come quello siriano o ucraino. Dopo i convenevoli, e dopo alcune conversazioni private, il ministro inizia ad inquadrare la situazione nel suo Paese: “in Siria stiamo difendendo la nostra sovranità e ci accusano di esserci venduti all’Iran. Ma vi chiedo: se avessimo voluto venderci, non pensate che avremmo potuto fare profitti maggiori se ci fossimo venduti agli USA, a Israele o all'Ue, piuttosto che dall'Iran?”. “Accettiamo l’aiuto iraniano”, prosegue il diplomatico, “per difenderci dalle minacce esterne”. “Quello che viviamo oggi, infatti, è uno scontro fra Paesi liberi e Paesi terroristi”, continua, “e in questo scontro perché i poteri forti appoggiano l'Arabia Saudita che sta devastando lo Yemen senza che nessuno si opponga? E perché l'Europa prima ha preso i soldi da Gheddafi e poi lo ha giustiziato lasciando la Libia senza governo e senza Stato, con centinaia di morti ogni giorno. È questa la vostra idea di democrazia?”. “In Siria che scelta abbiamo?”, incalza Mekdad, “seguire Assad, o schierarci con gli jihadisti, o con quelli che si definiscono ‘opposizioni armate moderate’? Noi crediamo che Assad debba lasciare il governo solo se sarà il popolo a volerlo, e non perché lo decidono terzi”. “Al Qaeda e l’Isis sono il frutto della volontà statunitense”, accusa il vice ministro, “in particolare l’Isis è stato creato da Washington per combattere la Russia sul fronte siriano”. Poi Mekdal inizia a descrivere la natura multi etnica e multiconfessionale della società siriana, e il rischio al quale sarebbe esposta se continuassero le aggressioni del Califfato e la radicalizzazione religiosa: “in Siria vivono cristiani, musulmani, ebrei, e molte altre comunità: se ci dividessimo in fazioni in lotta l’una con l’altra, come molti vorrebbero che fosse, scoppierebbe il caos”. “Il nostro è uno Stato secolare che garantisce uguali diritti per tutti, e questo l’Isis, Al Qaeda, i Fratelli Musulmani, o chi per loro, non possono accettarlo”. Un caos, quello di cui parla il vice ministro, che non minaccia solo la Siria, ma tutto il Medio Oriente: “se la Siria crolla, la seguirà il Libano, poi la Giordania, ed in breve tempo il disastro assumerebbe proporzioni epiche”. “Il prossimo Paese a rischio è sicuramente la Giordania, dove la situazione è la più simile alla nostra ed è pronta a scoppiare” avverte Mekdal.

I colloqui del gruppo europeo guidato da Fiore proseguono con l’incontro con il ministro dell’Informazione. “Sapete qual è la diffrenza tra Daesh e le opposizioni armate?”, chiede ironicamente a Fiore il ministro Omran Al-Zoubi, “l’Isis uccide quelli che non recitano il Corano mentre le opposizioni armate uccidono quelli che lo recitano”. Anche Al-Zoubi si scaglia contro la Turchia “che fa passare dal suo confine le armi che uccidono i nostri soldati”. Poi un assistente porta sul tavolo dei volumi, una decina. “Qui dentro ci sono le schede di tutti foreign fighters che in questo momento combattono nelle fila del Califfato in Siria”, ce li mostra. Sono divisi per Paese di provenienza. C’è il dossier dei combattenti provenienti dal Qatar, dal Bahrein, dall’Egitto, dal Kuwait, dall’Europa e dall’Arabia Saudita. Su quest’ultimo il Ministro scherza: “come vedete è il più voluminoso, dovrebbero metterlo nella libreria del Congresso”, alludendo all’alleanza de facto tra Washington e Riad. Tra le schede ci sono anche quelle degli italiani che sono partiti per prendere parte al Jihad in Siria, ma di queste non abbiamo potuto trattenere una copia.

“Restano a disposizione dei governi”, spiega il ministro, “anche se nessuno finora è venuto a richiedere questa documentazione”.

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