I (finti) democratici non sanno proprio perdere. Da tre giorni riempiono le piazze degli Stati Uniti per protestare contro l'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Manifestazioni violente che generano altra violenza. A Portland, in Oregon, una persona è stata raggiunta e ferita da un colpo di pistola durante un corteo contro il tycoon, mentre si fa strada sempre più il sospetto che il magnate George Soros stia pagando i manifestanti per protestare.
Ancora una notte, la terza, di proteste negli Stati Uniti contro l'elezione di Trump. In migliaia sono scesi in strada a Miami, Atlanta, Philadelphia, New York, San Francisco e Portland per esprimere la loro rabbia nei confronti del neoeletto presidente americano. Nel centro di Portland i manifestanti hanno bloccato il traffico e lanciato oggetti contro la polizia in tenuta antisommossa. Gli agenti hanno respinto i manifestanti con spray al peperoncino e almeno una persona è rimasta ferita da una pallottola vagante. In centinaia hanno marciato per le strade di Los Angeles fermando la circolazione e sventolando cartelli con la scritta: "Respingiamo il presidente eletto". Proteste anche a Miami e a New York, dove i manifestanti si sono riuniti al Washington Square Park e vicino alla Trump Tower, dove vive il magnate, sulla Fifth Avenue.
Ieri, in un primo momento, Trump ha accusato i media di istigare i manifestanti contro di lui: "Abbiamo appena avuto un'elezione presidenziale molto trasparente e di successo. Ora manifestanti di professione, incitati da mesi, stanno protestando. Questo è ingiusto". Salvo poi fare marcia indietro e usare una tattica più conciliante.
Su Twitter infatti ha teso la mano ai manifestanti: "Amo il fatto che piccoli gruppi di manifestanti la scorsa notte abbia mostrato passione per il nostro grande Paese. Ci uniremo tutti e ne saremo orgogliosi".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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