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Stefano Gabbana: "Non chiamatemi gay, sono un uomo"

Lo stilista Stefano Gabbana: ""Non voglio essere chiamato gay, perché sono un uomo". E sulla lobby omosessuale: "È molto potente"

Stefano Gabbana: "Non chiamatemi gay, sono un uomo"

Stefano Gabbana torna a parlare della sua vita e della sua omosessualità in un'intervista al Corriere. Un'intervista in cui dice: "Non voglio essere chiamato gay, perché sono un uomo. Mi sembra incredibile che ancora oggi si usi questo termine: sono biologicamente un maschio: lo stesso vale per una donna, che è una donna punto e basta, al di là di tutto. La parola gay è stata inventata da chi ha bisogno di etichettare e io non voglio essere identificato in base alle mie scelte sessuali".

Gabbana prende le distanze anche dalle associazioni gay: "le sigle spesso servono per difendersi, ma io non voglio essere protetto da nessuno, perché non ho fatto nulla di male. Sono semplicemente un uomo". Ma Stefano non ha sempre vissuto una vita semplice. Soprattutto da piccolo: "Volevo giocare da solo. Prima di andare al mare a Jesolo, ogni estate stavo in cascina con i miei nonni, in provincia, dove c’erano tanti animali, oche, mucche, faraone... passavo giornate a creare per loro percorsi o tracciati di gara. Ma non volevo la compagnia di nessuno perché mi sentivo diverso dagli altri bambini e temevo che stando insieme lo avrebbero capito. E sarebbero corsi a dirlo a mia madre". Ed è proprio la madre ad essere una delle persone più importanti della sua vita, anche perché il padre, operaio, faceva i turni di notte. Una madre che ha saputo dell'omosessualità del figlio dai giornali, "quando ho rilasciato un’intervista a Sette: so di aver sbagliato a non parlare chiaro con lei. Ma era il gioco dei non detti: probabilmente faceva finta di nulla, vivevo da tempo con Domenico e non credo che pensasse che giocassimo tutto il tempo a Scala 40!".

Per Gabbana la lobby omosessuale è molto potente: "È vero e l’ho sperimentato sulla mia pelle, quando scoppiò la polemica delle coppie dello stesso sesso e della possibilità di avere figli. I siti che si occupano di difendere i diritti degli omosessuali furono i primi a dirci: 'fate schifo'.

Anche per questo sono contro le lobby".

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