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Studio inglese rivela: nei fish & chips carne di squali in via d'estinzione

Un'indagine condotta dall'Università di Exeter ha rivelato come in molti chioschi di fish and chips diffusi sul territorio britannico venga venduta carne di squalo spacciata per salmone, anguilla o merluzzo. Tra gli squali in questione anche diverse specie protette e a rischio estinzione

Studio inglese rivela: nei fish & chips carne di squali in via d'estinzione

Brutte notizie sul fronte della sicurezza alimentare. A finire sotto i riflettori questa volta è il fish and chips, il celebre piatto nazionale britannico consistente in patatine e filetti di pesce abbondantemente fritti e serviti con sale e aceto. Uno studio condotto dall'Università di Exeter ha infatti rivelato come in molti chioschi di fish and chips sparsi per la Gran Bretagna vengano regolarmente utilizzate carni provenienti da diverse specie di squali, comprese quelle autoctone dei mari britannici, attualmente protette poiché a rischio di estinzione. Analizzando il Dna dei campioni di pesce, prelevati da pescherie e rivenditori all'ingrosso, si è infatti scoperto che sotto le generiche etichette con cui vengono venduti - come merluzzo, salmone o anguilla - si celano in realtà specie soggette a forti restrizioni commerciali come lo squalo martello smerlato o lo spinarolo, la cui pesca e vendita è stata sotto stretto controllo fino al 2011 ma che ora può essere tranquillamente venduto come "Bycatch", cioè se finisce accidentalmente all'interno delle reti destinate alla pesca di altre specie.

Come dichiarato inoltre dal dottor Andrew Griffiths, co-autore della ricerca: "La scoperta di squali martello protetti evidenzia quanto sia diffusa la vendita di specie in via d'estinzione, arrivando persino sui mercati dell'Europa e del Regno Unito. Indagini separate concentrate sui mercati asiatici hanno altresì rivelato la presenza di squalo martello smerlato nei reparti di lavorazione delle pinne. I grossisti infatti non hanno idea della specie a cui appartengono le carni che stanno vendendo, ciò nonostante i numerosi controlli a cui sono soggette le importazioni del pescato". L'indagine portata avanti ha analizzato campioni provenienti da 78 chioschi di fish and chips e 39 pescherie, localizzate principalmente nel Inghilterra meridionale, oltre a 10 pinne provenienti da un grossista specializzato in rivendite a supermercati e ristoranti.

Dello stesso parere la dottoressa Catherine Hobbs, anch'essa membro del gruppo di ricerca, che preferisce tuttavia porre l'accento sugli effetti negativi che il consumo di carni di dubbia provenienza può avere sulla salute delle persone: "È quasi impossibile per i consumatori sapere cosa stanno acquistando. La gente potrebbe credere di stare comprando un prodotto di origine sostenibile quando invece si tratta di una specie minacciata. Ci sono oltretutto problemi per la salute, poiché sapere quali specie si stanno acquistando potrebbe essere di vitale importanza in termini di allergie, tossine e contenuto di mercurio, per non parlare della crescente preoccupazione per le microplastiche nella catena alimentare marina".

In conclusione la Hobbs afferma: "I nostri risultati dimostrano la necessità di un'etichettatura più accurata dei prodotti ittici. La conoscenza del consumo di specie di squalo nel Regno Unito, specialmente di quelle specie protette e ad alto rischio di estinzione, aumenta le nostre capacità di far fronte al declino delle popolazioni di squali".

La questione dell'etichettatura del pesce peraltro tornò alla ribalta anche in Italia qualche mese fa, quando vennero pubblicati i dati secondo cui circa il 40 per cento della produzione ittica consumata nel nostro Paese proveniva da paesi extra Ue.

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