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"Trovati resti umani". Svolta nel mistero del giornalista sparito in Amazzonia

Trovati resti "apparentemente umani" nel fiume Itaquaí: forse sono lil giornalista e l'antropologo scomparsi da giorni in Brasile. Si indaga sulla loro fine: in quella zona potevano dare fastidio a qualcuno

"Trovati resti umani". Svolta nel mistero degli esploratori spariti in Amazzonia

Solo il test del dna potrà sciogliere il mistero di morte custodito dalla foresta amazzonica. La polizia federale brasiliana ha parlato di resti "apparentemente umani" ritrovati nel fiume Itaquaí, vicino alla città di Atalaia do Norte: forse, sono quelli del giornalista inglese Dom Phillips, 57 anni, e dell'antropologo Bruno Pereira, 41, scomparsi il 6 giugno scorso nel cuore della giungla. I due esperti esploratori si erano avventurati nella Valle del Javari, in Brasile, al confine con il Perù, e di loro si era perse le tracce. Le speranze di trovarli vivi, tuttavia, erano svanite presto. Troppo pericolosa quella zona, abitata solo da tribù incontattate.

"Due persone in barca, in quella regione selvaggia... Un'avventura non raccomandabile. Forse hanno avuto un incidente, o sono stati giustiziati", aveva subito commentato il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, lasciando intendere che nella foresta amazzonica nemmeno lo Stato riesce a imporre le sue leggi. Là tutto è incontaminato: ogni passo è a rischio e pericolo di chi lo compie. Le ricerche del giornalista e dell'antropologo erano state avviate peraltro con un certo ritardo, solo dopo alcune pressioni internazionali. Per setacciare la zona, erano stati inviati oltre duecento agenti, tra cui sommozzatori ed esperti della giungla, due elicotteri e una dozzina di barche e di droni.

Ora, a distanza di giorni, dall'impenetrabile foresta sono riemerse delle tracce. "Le squadre di ricerca hanno trovato nel fiume, vicino al porto di Atalaia del Nord, materiale organico apparentemente umano, inviato poi per essere analizzato all'Istituto Nazionale di Criminologia della Polizia Federale", hanno spiegato le forze dell'ordine in un comunicato citato dal quotidiano brasiliano Folha de S.Paulo. Secondo quanto si apprende, saranno analizzate le tracce di sangue rinvenute sull'imbarcazione di un pescatore, Amarildo da Costa, che aveva minacciato di morte Pereira per la sua attività contro la pesca illegale, il disboscamento, l'estrazione mineraria e il traffico di coca nella zona. Negli ultimi anni, infatti, quella zona è stata interessata a fenomeni di narcotraffico e di sfruttamento incontrollato delle risorse. La presenza dei due esploratori avrebbe potuto dar fastidio a qualcuno.

Il brasiliano Pereira non era peraltro uno sconosciuto da quelle parti: aveva infatti lavorato per l'agenzia governativa per gli affari indigeni Funai, da cui era stato però rimosso nel 2019 su pressione delle lobby agricole, vicine a Bolsonaro. Phillips invece stava invece approfondendo il tema della conservazione dell'Amazzonia e per farlo di era trasferito in Brasile. La zona nella quale i due si erano spinti prima di sparire nel nulla è abitata da circa 6.300 indigeni appartenenti a 26 gruppi etnici, 19 dei quali non hanno mai avuto contatti con il mondo civilizzato.

In quel contesto tribale e pericoloso, sul quale si addensano interessi, speculazioni e violenze, Dom Phillips e Bruno Pereira sono andati incontro a un destino ancora avvolto nel mistero.

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