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Trump revoca in parte il regime sanzionatorio ai danni di Mosca

L’opposizione democratica ha sostenuto che l’esecutivo russo, quale contraccambio per il “favore” concesso in questi giorni da Trump, fornirà all’esponente repubblicano “finanziamenti e supporto propagandistico” in occasione delle presidenziali del 2020

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L’amministrazione Trump ha in questi giorni annunciato una “parziale revoca” del regime sanzionatorio vigente ai danni della Russia.

Washington ha infatti annullato le restrizioni nei confronti di alcune società del gigante slavo accusate nei mesi scorsi di “infiltrazioni” nel sistema informatico del governo federale e della rete infrastrutturale Usa. I gruppi che beneficeranno della revoca delle sanzioni sono, in base all’ultima nota diramata dal dipartimento del Tesoro, En+ Group, JSC EuroSibEnergo e United Company RUSAL. Tali compagnie sono attive nella distribuzione dell’energia elettrica e nel commercio dell’alluminio e sono controllate da un “oligarca amico di Putin”, ossia Oleg Deripaska.

Il segretario al Tesoro Usa, Steven Mnuchin, ha precisato che l’attenuazione del regime sanzionatorio è stata disposta in quanto, dalle indagini a carico dei tre operatori economici russi, sarebbe recentemente emersa la “totale estraneità” di questi ultimi a “qualsiasi tentativo di ingerenza” nei sistemi informatici federali. Il titolare del dicastero non ha quindi escluso che, nelle prossime settimane, “altre aziende” del gigante slavo possano vedersi accordare la revoca delle interdizioni inflitte loro in passato.

La spiegazione fornita da Mnuchin non ha però affatto convinto la stampa liberal e i democratici. Secondo i network anti-Trump, l’annullamento delle sanzioni a carico dei tre gruppi russi sarebbe un “palese gesto di amicizia” offerto dall’inquilino della Casa Bianca al suo “sodale” Putin. I parlamentari dell’opposizione hanno poi biasimato la Casa Bianca per avere agevolato, in nome della “collusione” tra il presidente Usa e il leader del Cremlino, l’oligarca Deripaska, bollato dai democratici come un soggetto “altamente pericoloso per la sicurezza americana”.

Ad avviso dei deputati liberal, “hacker” al soldo del magnate in questione si sarebbero infatti “ripetutamente infiltrati” negli archivi Internet del governo e delle aziende energetiche statunitensi e avrebbero poi trasmesso “direttamente al Cremlino” le informazioni sottratte ai database americani.

L’opposizione, per bocca del deputato Steny Hoyer, ha quindi sostenuto che l’esecutivo russo, quale contraccambio per il “favore” concesso in questi giorni da Trump, fornirà all’esponente repubblicano “finanziamenti e supporto propagandistico” in occasione delle presidenziali del 2020.

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