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Viaggio dentro Alba Dorata, il partito che spaventa la Ue

Tra arresti e denunce la Grecia corre pericolosamente verso le elezioni anticipate. Alba Dorata, il partito che fa tremare i burocrati di Bruxelles, apre le porte a ilGiornale.it

Viaggio dentro Alba Dorata, il partito che spaventa la Ue

Otto deputati in carcere, un intero gruppo parlamentare accusato di far parte di una "organizzazione criminale" e 70 persone rinviate a giudizio con la stessa accusa. Sono i numeri del caso di Alba Dorata, il terzo partito di Grecia, che, per la prima volta, si mostra integralmente ad un giornale italiano per raccontare la propria attività e per denunciare quella che definiscono una "persecuzione senza precedenti nella storia della politica internazionale".

Per capire meglio cosa sta succedendo però, dobbiamo fare un passo indietro al settembre del 2013, quando ad Atene viene assassinato il rapper antifascista Pavlos Fyssas, per mano di un membro di Alba Dorata, Georgios Roupakias. Da qui parte un ondata di arresti che, il 28 settembre 2013, porta alla carcerazione del leader di Alba Dorata, Nikos Michaloliakos e di altri due deputati, Christos Pappas e Ioannis Lagos, accusati di essere a capo di un’“organizzazione criminale” e di detenere armi illegalmente. Nel giro di un anno i provvedimenti vengono estesi all’intero gruppo parlamentare. Alba Dorata è accusata dai giudici di avere ordinato e premeditato l’omicidio del rapper Fyssas e di essere coinvolta in alcuni casi di violenze ai danni di cittadini immigrati. A spiegarci meglio la situazione è Irini Pappas, moglie di uno dei deputati del partito arrestati nel settembre del 2013. La incontriamo nell’ufficio che fa da anticamera all’edificio del carcere di Atene dove è detenuto suo marito. "Accusano mio marito di far parte di un’associazione criminale, ma non c’è nessuna prova contro di lui - mi racconta Irini, sotto gli occhi della guardia carceraria che segue con lo sguardo la nostra conversazione - è per questo che mio marito e gli altri saranno liberati alla fine di marzo, al termine della scadenza dei diciotto mesi della custodia cautelare in carcere. Non possono fare il processo, perché non hanno nessuna prova, e così aspetteranno fino a marzo, perché vogliono che le nuove elezioni si svolgano con i deputati del partito dietro le sbarre". Irini si riferisce al probabile voto anticipato per il rinnovo del parlamento greco, che potrebbe essere stabilito già per la fine del mese di gennaio, qualora il parlamento, come è probabile, non riuscisse ad eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.

Al carcere arriviamo nel pomeriggio, dopo aver visitato in esclusiva italiana per ilGiornale.it la sede principale del partito nella capitale greca. Un intero palazzo non lontano dal centro di Atene da dove viene coordinata tutta l’attività politica ed istituzionale. Gli attivisti del partito ci accompagnano all’interno dell’edificio che ospita gli uffici per la gestione delle attività parlamentari, una sezione giovanile, l’area per la comunicazione, internet e i social network, un call center a disposizione dei cittadini e un ufficio che coordina la raccolta e la distribuzione dei beni alimentari e di prima necessità destinati ai greci in difficoltà. Al piano terra c’è un negozio dove si possono acquistare gadget del partito, libri e riviste. Assieme alle donazioni dei membri e dei simpatizzanti, il negozio rappresenta l’unica fonte di finanziamento alle attività politiche da quando il parlamento greco ha revocato qualsiasi tipo finanziamento statale ad Alba Dorata. Nel palazzo c’è persino un ufficio che si occupa di offrire assistenza medica gratuita per i cittadini e che organizza periodiche donazioni di sangue. "Diamo tutto per i greci, anche il sangue", ci dice Giorgos Anastasiou, mentre ci accompagna su e giù per le scale del palazzo che portano da un ufficio all’altro. Nella sede c’è anche una bandiera greca sporca di sangue, custodita sotto una teca. È il sangue di Manos Kapelonis e Giorgios Fountulis, i due giovani militanti del partito freddati a colpi di pistola nell’assalto alla sede del partito nella zona nord di Atene, il primo di novembre dell’anno scorso. Sotto la bandiera, su un tavolo che assomiglia ad un altare, sono stati composti, a destra e a sinistra, i vestiti che i due ragazzi indossavano il giorno in cui sono stati assassinati. Al centro, tra le felpe e i rosari, c’è Cristo, raffigurato in una piccola icona, ed un braciere con l’incenso, che arde continuamente. "È un luogo sacro per noi", spiega Giorgos. Le foto dei due ragazzi sono appese alle pareti di tutte le stanze, assieme alle gigantografie del leader Nikos Michaloliakos, alle bandiere con le greche e le croci celtiche. Tutti ci parlano del processo e degli arresti. Accusano il premier Samaras di avere ordinato l’arresto del leader e degli altri deputati. La prova starebbe in un’intercettazione, diffusa sul web dal partito e denunciata davanti al Parlamento dal portavoce di Alba Dorata che si trova in carcere, Ilias Kasidiaris. Terminato il nostro tour ci danno appuntamento alla conferenza stampa, organizzata in un albergo nel centro di Atene. Siamo gli unici giornalisti italiani. Incontriamo l’eurodeputato Georgios Epitideios, che racconta, anche lui, degli arresti e del processo: "Pensavano che imprigionando i nostri deputati avrebbero provocato il collasso del partito. Questo non è accaduto. Il popolo greco, i giovani in particolare, hanno continuato a supportarci, e questo è dimostrato dalla percentuale di voti delle ultime elezioni europee, dove siamo passati dal 6% delle politiche al 9,39%. Siamo molto felici e molto orgogliosi di questo". La ragione degli arresti, quindi, anche secondo Epitideios, è essenzialmente politica: "Il governo non è stato capace di confrontarsi con noi sugli argomenti e quindi ha deciso di mettere tutti dietro le sbarre". Parliamo anche con Urania, giovane deputata nella municipalità di Atene. È la figlia di Nikos Michaloliakos, il presidente del partito. Le chiediamo se pensa che suo padre è un criminale. La risposta è secca: "Certo che no". "Alba Dorata - continua Urania - è pericolosa perché vuole svegliare i greci, ricordare loro chi sono: il fatto che siamo liberi, che abbiamo prodotto eroi, e che invece ora siamo solo gli schiavi del Fondo Monetario Internazionale. Mio padre ha parlato di una Grecia libera, di nazionalismo, non voleva stare calmo come gli altri politici, e questo al governo non è andato bene". In realtà, però, Alba Dorata è considerato come un partito razzista dalla maggior parte della gente comune: è questa infatti la risposta più frequente che ci hanno dato molti ateniesi quando gli abbiamo chiesto cosa ne pensano del partito. Chiedo ad Ilias Panagyotaros, deputato al Parlamento greco per Alba Dorata, se si considerano un partito razzista: "Prima di tutto c’è da dire una cosa. Non sono previste in Grecia limitazioni o sanzioni se qualcuno si dichiara fascista, razzista, o qualunque altra cosa. In secondo luogo, no, noi non ci definiamo fascisti, razzisti o nazisti. Noi siamo nazionalisti greci, questo è tutto". Nonostante gli arresti e le limitazioni il partito continua a crescere nei sondaggi. Ilias Panagyotaros ci spiega perché "quando la prima volta abbiamo preso il 6% tutti hanno detto che era un voto 'di rabbia', dettato dalla crisi, e che non si sarebbe ripetuto. Al contrario, le nostre percentuali elettorali sono cresciute e hanno dimostrato che non è stato affatto un voto 'di rabbia'. La realtà ha provato il contrario. Le elezioni europee sono la prova che le nostre percentuali elettorali provengono da una scelta voluta dal popolo. Siamo gli unici in Grecia a dire la verità riguardo i temi della politica e dell'economia. Il popolo ci vota perché diciamo la verità".

Nel Paese di nuovo in bilico tra i mercati che perdono fiducia e l’instabilità politica, qualche certezza, alla fine, rimane: "Se ci saranno nuove elezioni, saranno di nuovo in Parlamento, questo è sicuro", ci dice un ragazzo appoggiato alla porta di una pizzeria del centro di Atene, parlando di Alba Dorata. Una preoccupazione, questa, condivisa anche dal numero uno della Commissione Europea Jean-Claude Junker, che è tornato oggi sulle dichiarazioni che aveva rilasciato pochi giorni fa alla televisione austriaca Orf III, in cui affermava di voler vedere "facce note" al potere a gennaio e invitava i greci a "non votare nel modo sbagliato".

"Quando ho detto che ero preoccupato per una vittoria degli estremisti non mi riferivo a Syriza ma all'estrema destra", precisa Juncker, “detesto Alba Dorata e con quell'espressione mi riferivo a loro".

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