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"Umiliati e sotto choc". L'incubo degli italiani bloccati alla frontiera

Sono sempre di più i casi di detenzione arbitraria ed espulsione di cittadini europei da parte della polizia di frontiera britannica. Ma il governo di Londra rivendica: "Le nuove regole sono chiare"

"Umiliati e sotto choc". L'incubo degli italiani bloccati alla frontiera

Trattati come delinquenti, imprigionati fino a sette giorni, con i cellulari sequestrati ed esposti al rischio contagio. È questo l’incubo vissuto da decine di cittadini europei arrivati negli aeroporti del Regno Unito per sostenere colloqui di lavoro o per ricongiungersi con familiari o partner. A raccontare per primo le loro storie, la scorsa settimana, era stato il sito di informazione Politico.Eu, che parlava di almeno 30 casi di detenzione. Ma i cittadini comunitari arrestati, detenuti ed espulsi dalla polizia di frontiera inglese potrebbero essere molti di più.

Fermati e portati nei centri di detenzione

Ieri il quotidiano britannico The Guardian assicurava che in sole quarantotto ore, soltanto nello scalo londinese di Gatwick, almeno una dozzina di persone, in maggioranza giovani donne, fossero state trattenute dagli agenti per essere sbarcate senza il visto per motivi di lavoro. Eppure la nuova stretta sull’immigrazione dell’Home Office britannico prevede esplicitamente la possibilità di atterrare senza lasciapassare nel caso in cui si debbano sostenere colloqui di lavoro. L’obiettivo della norma è proprio quello di lasciare liberi i cittadini europei di "esplorare il mercato del lavoro nel Regno Unito" ed eventualmente tornare a casa con un’offerta di lavoro per poi fare regolarmente richiesta del visto.

Eppure le guardie di frontiera non hanno voluto sentire ragioni neppure con chi aveva un appuntamento per un colloquio. In alcuni casi, come quello di Maria, una ragazza spagnola fermata a Gatwick e trasportata nello Yarl's Wood Immigration Removal Centre del Bedfordshire, intervistata proprio dal Guardian, gli agenti avrebbero arbitrariamente forzato la mano. La giovane, infatti, racconta il quotidiano britannico, si sarebbe offerta di tornare a casa a sue spese con un nuovo volo. Ma la polizia l’ha comunque condotta a Yarl’s Wood, sequestrandole cellulare e passaporto. Una volta liberata la ragazza è stata trasferita a casa della sorella, in un quartiere a sud di Londra, dove fino al prossimo 17 maggio dovrà osservare la quarantena perché nella struttura dove è stata detenuta c’erano dei casi Covid.

"Siamo sotto choc"

"Sono ancora sotto choc, – ha detto la ragazza ai giornalisti inglesi – la cosa peggiore è che nessuno allo Yarl’s Wood poteva dirmi cosa sarebbe successo, mi hanno tolto la libertà e non mi hanno concesso neppure di chiamare un avvocato". Lo stesso è accaduto ad una ragazza basca di 24 anni, Eugenia, che allo stesso quotidiano ha raccontato di non voler mai più tornare nel Regno Unito dopo questa esperienza. Il suo fidanzato lavora da quattro anni come infermiere nel Paese. Lei era partita con un biglietto andata e ritorno per cercare un’offerta di lavoro e poi inoltrare dalla Spagna la domanda formale per il visto. Ha spiegato tutto in un documento di viaggio compilato online. Ma al suo arrivo è stata rinchiusa in una stanza e dopo 24 ore di isolamento è stata imbarcata su un volo per il suo Paese d'origine.

La replica del governo britannico

Nei giorni scorsi Repubblica ha intervistato una 24enne italiana che era arrivata a Londra per fare la ragazza alla pari a casa di un parente. Anche lei è finita in un centro di detenzione per migranti, trattata come una delinquente. Tutti raccontano di aver conosciuto decine di altri giovani europei nei centri. Una ragazza ceca, in particolare, ha raccontato Eugenia al Guardian, era "disperata". Il portavoce del premier Boris Johnson, invitato dai cronisti britannici ed italiani ad intervenire sul caso, ha fatto sapere che il governo britannico sta collaborando "nello spirito e nei termini dell’accordo con l’Ue" sulla Brexit. Il ministero dell’Interno, da parte sua, ha fatto sapere che "le nuove regole sono chiare e possono essere facilmente consultate online"

"Chiediamo – spigano al The Guardian dall’Home Office – le prove del diritto di un individuo a stabilirsi e lavorare nel Regno Unito". Di fatto, però, in alcuni dei casi denunciati, la polizia di frontiera avrebbe deciso arbitrariamente. Questo, spiegava Politico, è possibile nel caso in cui si nutrano sospetti. Ma la detenzione, aveva chiarito allo stesso sito di informazione il capo del dipartimento di legge alla Goldsmiths University of London, la detenzione è da considerarsi una misura "esageratamente sproporzionata che andrebbe evitata ad ogni costo".

Lo scontro diplomatico

Intanto sul caso si muove la diplomazia europea. Otto eurodeputati hanno scritto alla presidente della Commissione Ue, Ursula Von Der Leyen per denunciare l’approccio dell’Home Office, considerato contrario allo spirito degli accordi tra Europa e Regno Unito. In Italia, come si legge su Repubblica, a seguire la vicenda è il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, che ha in programma di recarsi a Londra per discutere la questione. Nel frattempo, l’ambasciata italiana nella capitale britannica ha chiesto di essere informata sulle sorti dei cittadini italiani per poter prestare adeguata assistenza.

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