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Ungheria, eurodeputati chiedono sanzioni per la legge anti-Soros

Si moltiplicano le proteste dopo l'approvazione da parte del Parlamento ungherese di una legge che porterà alla chiusura della Central European University, l'ateneo fondato da George Soros a Budapest. Un gruppo di parlamentari Ue chiede sanzioni per l'Ungheria

Ungheria, eurodeputati chiedono sanzioni per la legge anti-Soros

L’Unione europea sta valutando l’ipotesi delle sanzioni contro l’Ungheria di Viktor Orbán, dopo l’approvazione, da parte del parlamento di Budapest, di una norma che porterà alla chiusura della Central European University (CEU), l’ateneo fondato nel 1991 nella capitale ungherese dal miliardario di origine magiara, George Soros.

La legge, approvata martedì, stabilisce una serie di requisiti che le università finanziate da Paesi stranieri saranno obbligate a rispettare in Ungheria. Nei fatti, però, rappresenta l’ultimo atto della guerra del premier, Viktor Orbán, al finanziere americano di origine ungherese, accusato dall’esecutivo di Budapest di progettare “l'invasione dell’Europa con i migranti musulmani" e di finanziare Ong che agiscono come "nemici della nazione". Con l’entrata in vigore della legge, infatti, la Central European University sarà costretta a chiudere, perché non potrà adeguarsi ai requisiti stabiliti nel provvedimento.

Gli appelli contro la chiusura dell’ateneo, quindi, considerato una “roccaforte” liberal in un Paese che si attesta su posizioni sempre più nazionaliste ed euroscettiche, si sono moltiplicati nei giorni scorsi. A scendere in campo per salvare le sorti dell’università del magnate americano, sono stati in molti: dal presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, al presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, fino all’ambasciata statunitense a Budapest. Migliaia di persone, inoltre, compresi studenti e docenti dell’ateneo, sono scesi in piazza in questi giorni nella capitale ungherese.

Un gruppo di parlamentari europei di Socialisti e Democratici, ALDE, Sinistra Unitaria e Verdi, compresi alcuni rappresentanti del PPE, oggi durante una conferenza stampa non hanno escluso la possibilità di avviare un procedimento disciplinare nei confronti dell’Ungheria, sulla base dell’articolo 7 dei Trattati. Secondo i deputati dell’Europarlamento il governo di Orbán, con quella che è stata già ribattezzata “legge anti-Soros”, violerebbe il rispetto dello Stato di diritto e i principi fondamentali dell’Unione europea. “Prenderemo in esame la possibilità di attivare l'Articolo 7.1 dei Trattati per esaminare il rispetto dello Stato di diritto in Ungheria ed imboccare, eventualmente, la strada delle sanzioni contro il governo Orbán”, ha detto oggi il capogruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, Gianni Pittella, citato dall’Ansa.

Le politiche di Orbán saranno oggetto di discussione al Parlamento europeo alla fine di aprile. Al centro della discussione a Strasburgo, oltre alla legge anti-Soros, ci sarà anche l’iniziativa “Fermiamo Bruxelles!”, una consultazione pubblica lanciata dal governo di Budapest, che prevede l’invio a tutte le famiglie di un questionario contenente sei domande su questioni relative a immigrazione, economia, tasse, multinazionali e organizzazioni non governative internazionali che operano nel Paese. L’obiettivo del questionario è quello di aiutare il governo a “combattere contro le proposte sbagliate” dell’Unione europea. Entrambe le iniziative sono state criticate dal presidente della Commissione Ue, Juncker.

Ma il governo magiaro non sembra intenzionato a fare passi indietro. Il rettore della Central European University, Michael Ignatieff, ha annunciato che farà appello al presidente ungherese, Janos Ader, per bloccare la legge, giudicata “dannosa” e “anti-costituzionale” dall’opposizione. Tuttavia, che il presidente ungherese, membro del partito di Orbán, Fidesz, si schieri contro la decisione del governo appare poco realistico. Più probabile, invece, qualora le dimensioni della protesta aumentassero, è che sia la piazza a costringere Orbán a ritirare il provvedimento, come successe nel caso del congelamento della "tassa su internet" nel 2014 e del ritiro della candidatura di Budapest ad ospitare i Giochi olimpici del 2024.

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