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Montepremi allo stremo e ippodromi intoccabili

Le anime candide si risvegliano rendendosi conto che nell’ippica di casa nostra a diminuire è sempre e comunque soltanto il montepremi e ad aumentare solamente le remunerazioni delle Società di corse (leggi ippodromi). La scoperta dell’acqua calda. Il commissario Guido Melzi d’Eril non sembra in grado di fare nulla per rimediare allo stato comatoso in cui sta versando il settore, salvo manifestare un difficilmente spiegabile ottimismo in un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport dove alla domanda del cronista risponde che il suo ottimismo per il rilancio del settore da 1 a 10 si colloca proprio al gradino più alto: beato lui. Restano però drammaticamente sul tappeto irrisolti problemi importanti e significativi, come il calendario non ad horas, la riduzione delle giornate di corse e la riorganizzazione degli uffici dell’Unire. Nelle vituperate gestioni precedenti dell’ente pubblico che governa l’ippica (comunque non da rimpiangere), era buona norma prima di fare interventi di questa portata, per lo meno consultare o mettere al corrente gli operatori, allevatori in particolare. Come si conciliano comportamenti di questo genere con le dichiarazioni rilasciate dal commissario Melzi del tipo: «L'ippica ha bisogno di certezze economiche e normative che vanno comunicate in tempo utile a tutti gli operatori al fine di consentire loro una regolare programmazione delle attività». (Trotto Sportsman 23/12/2006).
Grande «merito» di tutto questo va al ministro Paolo De Castro, il quale non ha saputo o voluto valutare appieno che la nomina di Melzi avrebbe in tutti i casi determinato un difficile stato di cose, in relazione soprattutto agli interessi - veri o presunti - di cui Melzi è portatore nel settore degli ippodromi e connessi. Il problema centrale era ed è tuttora, quello di fermare le bocce e rivedere con attenzione lo strumento contrattuale o convenzionale che sta portando l’Unire a confliggere clamorosamente con la legge vigente. Così non è stato e ci siamo già mangiati oltre sei mesi di pratica inattività, con la prospettiva, visto l’andamento in flessione del movimento scommesse, che tra qualche mese si debbano rivedere le previsioni di bilancio con un ulteriore aggiustamento al ribasso del solo montepremi. Sino a quando questa situazione perversa potrà continuare a reggersi? Possibile che, gli Enti che vigilano, non abbiano nulla da dire in merito a un rapporto economico tra l’Unire e le Società di corse che di fatto sta svuotando le casse dell’Ente a favore di queste ultime a danno del solo montepremi? Sbrigativamente, qualcuno può pensare che la mia insistenza sull’argomento, sia una forma maniacale di critica a prescindere. Mi limito a rilevare una anomalia che sta snaturando l’Unire, per l’assoluta contraddittorietà che si è creata, rispetto agli scopi indicati nella legge istitutiva. Mi chiedo anche: ma la Corte dei Conti, sempre molto attenta ai comportamenti dell’Unire, possibile non abbia nulla da rilevare?
Di fronte a problemi imprescindibili del tipo: la riduzione delle giornate di corse, con le premesse di cui sopra, come si potrà muovere il commissario? Staremo a vedere...

Ma il nostro ottimismo da 1 a 10 non raggiunge di certo il massimo gradino.
* consigliere dell’Anact (Associazione nazionale allevatori del cavallo trottatore)

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