Roma Andrea Romano, direttore di Italia Futura e docente di storia contemporanea all’Università di Tor Vergata, lo ribadisce: Luca Cordero di Montezemolo non entra in politica. «È un riflesso condizionato per cui ogniqualvolta Italia Futura commenta la situazione politica si pensa a una discesa in campo. È pura fantapolitica, non c’è nessun campo».
Se accadesse: centrodestra o centrosinistra?
«Idem come sopra: fantapolitica».
Niente elezioni anticipate, perciò?
«Sarebbero un motivo di delusione per il Paese e per molti elettori di Berlusconi che hanno creduto nel programma di riforme prospettato».
Sarebbero così deleterie?
«Sarebbe da archiviare la riforma dell’università, che considero un ottimo ddl».
Non si potrebbe riprendere il discorso interrotto?
«Sarebbe un anno perduto».
La maggioranza, però, non sembra tenere.
«Non sono un antiberlusconista militante: Berlusconi è stato una grande novità, da vent’anni è protagonista, il suo è un disegno liberale, ma il fatto che si accusi sempre un sabotatore interno - prima Bossi, poi Casini e oggi Fini - significa che forse qualcosa non ha funzionato».
Annotazione che vi ha attirato critiche.
«Il dibattito pubblico non è appannaggio di chi è in Parlamento o guida un partito. È un sintomo dell’allentamento del rapporto tra i cittadini e una politica sempre più chiusa in se stessa».
Il tasso di astensionismo è inferiore a quello di Paesi a «democrazia matura».
«Se si andasse a elezioni anticipate siamo sicuri che l’astensionismo non aumenterebbe visto il riproporsi della stessa contrapposizione di due anni fa? Sono sicuro che molta gente sceglierebbe di non andare ai seggi».
Cos’è mancato al dibattito politico?
«Non s’è mai parlato di economia in un momento in cui la situazione è incerta».
La situazione economica non è tragica.
«Il governo ha anche conseguito alcuni risultati: la gestione dell’emergenza economica è stata all’altezza, il ministro Maroni ha svolto un ottimo compito, ma ora sarebbe il caso di portare a casa i risultati in termini di riforme».
Italia Futura ha stigmatizzato l’«assordante silenzio» della società civile. Ma se Confindustria e sindacati non fanno «opposizione» non è un buon segno?
«Il riferimento è all’ultimo periodo. Lo scambio di accuse fra le massime cariche avrebbe dovuto scandalizzare la società civile».
Le inchieste giornalistiche sono dossieraggio?
«Personalmente non giudico la qualità di un giornale ma abbiamo assistito a un livello di violenza che non credo faccia onore al dibattito».
Le reazioni positive di Pd, Idv e Fli che effetto fanno?
«È chiaro che ognuno cerca di tirare acqua al suo mulino, ma la nostra valutazione prescinde dagli schieramenti».
Vi rivolgete agli «italiani ignoti», ma sapete come votano?
«La maggior parte di quelli che hanno votato, ha rivolto a Berlusconi aspettative importanti e un leader politico come lui ha il dovere di tenere insieme la sua coalizione. L’“italiano ignoto” ha idee molto chiare e i sondaggi ci dicono che non crede che negli ultimi dieci anni sia molto migliorata la propria condizione».
Al riformismo si oppongono i sostenitori della «democrazia acefala» della Costituzione formale.
«La Costituzione non è solo formale. Berlusconi ha tutto il diritto di lamentarsi ma i percorsi per cambiarla ci sono. Anche non averla saputa riformare è motivo di delusione».
Gli ostacoli alle riforme sono un pretesto per cambiamenti «a tavolino»?
«Non credo alle dietrologie. Il bipolarismo è una grande conquista e chi vince le elezioni con un grande mandato non ha scuse».
La Seconda Repubblica sta affondando?
«Gli storici valuteranno ma ne usciamo con partiti politici devastati, con leader di grandi maggioranze che ammettono di non aver potuto governare e con il Paese che aspetta riforme importanti».
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