Silvio Berlusconi si è dimesso. Dalle 21,41 di ieri sera non è più presidente del Consiglio. Tocca a Mario Monti e alla sua squadra di ministri tecnici. Il Pdl lo appoggerà ponendo condizioni di metodo, contenuto e tempo. Fino all’ultimo abbiamo sperato in una soluzione diversa della crisi: quelle elezioni subito che lo stesso Berlusconi aveva evocato pochi minuti dopo lo scivolone alla Camera complice un manipolo di traditori. Il presidente,tormentato fino all’ultimo, alla fine ha deciso diversamente. Su questo il Pdl non è unito né entusiasta, se si tolgono alcuni che da tempo lavoravano allo sfascio del partito con mire di successione. La Lega resta fuori, forse di volta in volta darà una mano. Di Pietro entra controvoglia, nel Pd tutti zitti per ordine di partito ma se potessero parlare ne sentiremmo delle belle. Insomma, Monti partirà presto ma da precario. Quel Parlamento di larghe intese che dovrebbe sostenerlo non esiste, né mai esisterà. Ieri in aula, al momento del voto sul decreto anti crisi, ultimo atto del governo uscente, la sinistra ha vomitato odio e rancore contro il centrodestra che non si è tirato indietro.
Impossibile fare pace dopo anni di guerra civile che ieri si è riaffacciata pure sulle piazze di Roma con l’assedio di truppe organizzate ai palazzi che di volta in volta ospitavano Silvio, triste e fallita imitazione dell’assalto con le monetine a Bettino Craxi. Se questi sono i presupposti del patto che dovrà salvare il Paese, il neopremier, anche se accetterà le condizioni del Pdl, non avrà vita facile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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