Moralisti Se anche Calabresi fa outing...

Dopo giorni di travaglio interiore, struggimenti e unghie rosicchiate, Mario Calabresi ha fatto «coming out»: si è dichiarato. Placido ma timido, come chi sa di non aver fatto nulla di male, ma sa che rischia comunque lo stigma. Nella fattispecie, il direttore della «Stampa», nel suo editoriale di ieri ha ammesso quella che è ormai giudicata una colpa inestinguibile: l’aver conosciuto Luigi Bisignani.
Calabresi affida candidamente la sua «confessione» a queste righe, seppur nascoste in un articolo in cui utilizza i pissi-pissi dei ministri al telefono come termometro della febbre da cavallo di un esecutivo morente: «Lo scorso autunno incontrai un giorno Bisignani, che non avevo mai visto prima, e, come molti altri esponenti del governo nelle stesse settimane, mi raccontò di un presidente del Consiglio assente e distratto». Lo stigma è servito.
Qui al «Giornale», dove da tempo si scrive che l’inchiesta P4 è una giostra di «pour parler» senza ombra di reati, nelle parole di Calabresi non troviamo né peccati, né colpe. L’universo mondo - pardon, l’universo Italia -, conosceva Bisignani. Nell’universo vive (e lavora) anche il direttore della «Stampa», quindi «where is the point?»: dove sta il problema? Il problema sta in quanto invece sostengono i commentatori del quotidiano torinese, indignati fin dal principio per la rete di rapporti del faccendiere. Così l’inviato a Napoli Guido Ruotolo puntava il dito contro «la politica, l’impresa, il mondo dell’informazione da Dagospia a giornalisti ossequiosi». Dove sta l’ossequio? Nell’aver conosciuto il Babau Bisignani, ovvio. E ancora Massimo Gramellini scriveva che «conoscere la faccia di Bisignani è privilegio concesso a pochi», in particolare ai «potenti senza volto» che tirano le fila di questa presunta Spectre. Infine Michele Brambilla concludeva: «Dov’è il reato mi interessa poco. Mi indigno non perché le trame vengono raccontate, ma perché queste cose accadono, perché la vita del Paese è regolata da intrallazzi».
Ora - dopo il «coming out» - si attende un pezzo a sei mani scritto dai colleghi Ruotolo, Gramellini e Brambilla.

Potrebbero scrivere con la schiena dritta e il paraocchi: «Caro direttore che incontrasti Bisignani, sei un ossequioso, un potente senza volto e un intrallazzatore». Oppure potrebbero scrivere con buonsenso: «Caro direttore, se anche tu che sei una persona perbene hai incontrato Bisignani, forse è proprio vero che avergli parlato una volta non fa di un uomo un delinquente».

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