E infatti le parole della Moratti per tutto il giorno sono al centro di anatemi, lamenti e indignazioni di tutto il meglio (si fa per dire) della sinistra, politica e non. Ma cosa ha combinato il sindaco di Milano? È intervenuta nella prestigiosa accademia ambrosiana per la presentazione di una ricerca che il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha commissionato a una squadra di studiosi, e dopo aver elencato tutta una serie di misure sociali, progetti di integrazione e interventi d’assistenza messi in campo dal Comune, ha osservato che «i clandestini che non hanno un lavoro regolare, normalmente, delinquono». In quel momento la platea resta in silenzio, poi parte un brusio sottile. Di lì a poco il discorso del sindaco termina - come gli altri - accolto da un timido applauso. Ma quel brusio nei commenti dei politici diventa un frastuono. Per la verità monsignor Antonio Maria Vegliò, presidente del pontificio consiglio per la Pastorale dei migranti, non sembra turbato. Parla dell’urgenza di progetti d’integrazione, e di «grandi interrogativi» posti dai fatti di via Padova (la guerra in strada fra egiziani e sudamericani).
La Moratti intanto precisa le sue parole. Spiega che sarebbe necessaria una riforma, affinché i reati commessi da clandestini siano assorbiti dal reato di clandestinità, per evitare che l’espulsione sia bloccata dagli altri iter processuali. Ma la giostra della propaganda politicamente corretta è partita, e nessuno la ferma. Apriti cielo. Il dipietrista più dipietrista di Di Pietro, Luigi De Magistris, sobriamente parla di «volgare razzismo», e sentenzia che «le affermazioni del sindaco di Milano confermano che nel nostro Paese si sta ritornando alla colpa d’autore di Hitler, come provano anche le recenti iniziative del governo». Il democratico Filippo Penati, che aspira a sfidare la Moratti nel 2011 per lo scranno di Palazzo Marino, dichiara che il suo sindaco «è ormai un emulo del peggior Borghezio». L’ex ministro Livia Turco, si indigna: «Parole irresponsabili che alimentano la paura». Dall’Arci parlano di «razzismo istituzionale».
Lo studio commissionato sulla scorta dei fatti di via Padova, conferma che le periferie sono delle polveriere: il curatore, il sociologo Vincenzo Cesareo, certifica «un alto potenziale di rischio, con la possibilità di un’emersione improvvisa del conflitto». E il ministro Maroni, leggendolo, vede «chiaramente che anche nelle nostre città ci sono dei rischi che avvenga ciò che è avvenuto nelle banlieue parigine qualche anno fa». Ma fa anche presente che il governo sta lavorando sul fronte dei diritti: due anni fa il tempo medio per avere il permesso di soggiorno era di 18 mesi. «Adesso siamo arrivati a 45 giorni - annuncia - ed entro giugno voglio arrivare in tutte le questure a un tempo massimo di 30 giorni». Il ministro annuncia anche che giovedì parteciperà a un incontro bilaterale Italia-Malta per parlare della collaborazione per il pattugliamento del Mediterraneo.
E lui stesso difende l’ex collega di governo, politicamente imputata per aver costruito «un’equazione fra criminalità e clandestinità»: «Ha detto un’altra cosa - precisa - che mi pare non sia
propriamente questa equazione». I dati sui fenomeni criminali della prefettura di Milano, intanto, danno questi risultati: gli stranieri in città sono il 62 per cento dei denunciati e il 71 per cento degli arrestati totali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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