Doveva essere un saluto veloce, in forma privata. Alla fine Letizia Moratti è salita sul palco del Palasharp e si è pure seduta in prima fila, accanto al marito Gianmarco e al figlio di lui Angelo, ad ascoltare per quasi due ore la conferenza su «La via della pace interiore». Un gesto con cui forse si è fatta «perdonare» per non aver invitato né a Palazzo Marino né alla Prima della Scala il Dalai Lama, che ieri ha chiuso con la grande «Festa della pace» la cinque giorni di visite milanesi. Il sindaco è arrivato intorno alle 13 e trenta e si è trattenuta per circa un quarto dora a colloquio con Tenzin Gyatso. Poi sono saliti insieme sul palco e il Dalai Lama le ha messo intorno al collo il Katà, la tradizionale sciarpa bianca tibetana, davanti ad un pubblico di oltre 9mila persone che hanno sopportato lunghe code per festeggiare la consegna del Premio Nobel per la Pace al capo religioso tibetano proprio 18 anni fa. Nessun accenno allimbarazzo in cui il Dalai Lama ha messo le istituzioni: un ospite «scomodo», nel momento in cui Milano corre per lExpo 2015 e non vuole incrinare i rapporti con la Cina. «È un grande onore e una gioia poterla ricevere nella nostra città - ha assicurato la Moratti sul palco -. La sua vita, dedicata allaffetto e alla fratellanza tra i popoli è un messaggio senza confini di tempo e spazio, ci da serenità e ci impegna a un cammino fatto spesso di ostacoli, generati dal fatto che perdiamo il senso dei valori più profondi che dovrebbero guidarci in un senso di responsabilità collettivo». Per i valori, ha concluso, «non si può non combattere, come lei ha fatto per tutta la sua vita. Grazie per il suo esempio». Un discorso di benvenuto, ha commentato il Dalai Lama, «che ho molto apprezzato. Il sindaco ha toccato il contesto dei valori umani che è una delle mie priorità». È stato «un colloquio privato non lungo ma molto speciale - ha riferito a margine il sindaco -. È una presenza importante nella nostra città, uno stimolo per saper interpretare un messaggio che Milano deve continuare ad avere: quello di essere aperta e capace di dialogare con tutti, nella comprensione di ogni differenza».
Il Dalai Lama ha salutato «lamico musulmano» in sala (Abd Al Wahid Pallavicini, fondatore del Coreis, ndr), e si è detto «un difensore del grande Islam».
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