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Moratti: «Uno scudetto vinto contro tutto e tutti»

Josè Mourinho non si presentava davanti ai giornalisti in campionato dallo scorso marzo. Ieri, al triplice fischio di Morganti, ha mandato due baci alle telecamere, ha fatto un segno di vittoria con le dita e si è intrufolato negli spogliatoi mentre, visibilmente commosso, due lacrime gli scendevano sul viso. Poi, svanito il momento da SentimentalOne è tornato SpecialOne, ha ricaricato il fucile ed è tornato il Mourinho che tutti abbiamo conosciuto in questi due anni: polemico, affilato, ironico, spietato, mai banale. «Non avevo mai vinto il titolo all’ultima giornata, preferisco vincerlo con 4-5 partite d’anticipo. Aspettare fino alla fine non è facile, un’esperienza che non voglio ripetere. Dopo la partita contro la Fiorentina, avevamo bisogno dell’aiuto di una terza squadra per tornare in testa al campionato: la Roma ha perso contro la Samp, quella era l’ultima possibilità per noi», l’unico commento sullo scudetto appena conquistato, prima di armare i suoi virgolettati: «L’Inter aveva il campionato in tasca, aveva un grandissimo vantaggio e per differenti ragioni tutto è cambiato: noi e i giocatori abbiamo una responsabilità nel vantaggio perso, ma non solo noi. Ed è stato meglio non parlare perché le mie parole finivano sempre alla disciplinare: anche in questa partita ho rischiato di non stare in panchina, per quella che era solo una battuta». Mourinho non ama l’Italia, all’Italia - eccezion fatta per i tifosi nerazzurri e qualche altra mosca bianca - Mourinho proprio non va a genio. «Durante la stagione, ho avuto dei momenti dove ho capito che questo non è il mio habitat, non mi sento a casa, questo non è il Paese dove sono felice di lavorare», l’accusa lanciata alla calciofilia italiana. Addio dietro l’angolo? Per il momento Josè preferisce non confermare né smentire. «In questo momento non sono egoista per pensare a me stesso, penso solo all’Inter, ai miei giocatori: ci aspetta una settimana storica. Dopo Madrid ci sarà il tempo di essere egoista per uno, due, tre giorni e penserò a quello che mi farà più felice dal punto di vista professionale. Ma adesso al 100 per cento posso dire che non è vero che sto con un piede e mezzo al Real, anzi, sono lontanissimo dall’essere l’allenatore del Real».
Verrà il tempo della resa dei conti. Per il momento l’Inter preferisce festeggiare, in attesa della finale di Champions. Per passare da grandi a immortali. «Fantastico. Molto bene. Speriamo di completare il tutto» il primo, telegrafico, messaggio di Massimo Moratti a scudetto ancora bello caldo. Passano i minuti e il presidente si sbottona: «Scudetto vinto contro tutto e tutti? All’Inter capita sempre. È lo scudetto di Mourinho? Certamente. Paura di perdere? La Roma è stata in testa due domeniche e basta. È stato un campionato meritato». E anche fortunato. «La fortuna non è detto che sorrida sempre, ringraziamo il cielo perché ci ha sorriso per quattro anni di seguito più un altro, visto che non ci aveva sorriso per i dieci anni precedenti...». Evasivo su Mourinho: «Ha un contratto con noi per molti anni, quindi vedremo quello che succederà. Vorrei rimanesse per sempre, ma non so. Se resta a Madrid dopo la finale? Non lo so». Poi un complimento a Balotelli, che è più di una semplice pacca sulla spalla: «Ci ha dato il coraggio di sapere che potevamo vincere». E il buon Mario, incassato il 10 e lode, alza l’asticella alla finale di sabato ma evita di giurare amore eterno ai colori nerazzurri: «Ora c’è la Champions, poi vedremo». Dimenticate, invece, le polemiche con Mourinho e i tifosi. «Mi sono arrabbiato tanto con lui, abbiamo avuto degli screzi perché abbiamo due caratteri simili. A volte succedono delle cose non belle che non piacciono a noi o ai tifosi, ma se ci si vuole bene tutto si risolve».
Lo stadio è un tripudio di magliette nerazzurre, alla spicciolata tutti gli interisti mettono la loro firma sul titolo numero 18. Zanetti: «Ha vinto la squadra più forte, ma complimenti alla Roma». Maicon: «È stato lo scudetto più difficile, ma l’abbiamo meritato. Non ho mai avuto paura di perderlo perché mi fido dei miei compagni. Julio Cesar: «Emozione più bella non può esistere». Stankovic: «Complimenti a Ranieri, che stimo. Vogliamo continuare anche l’anno prossimo una lotta così, magari a 3 o 4 squadre». Cambiasso: «Col Bayern la partita che farà la differenza tra un’annata straordinaria e un’annata storica». Milito: «Ho segnato il gol più importante della mia carriera».
Chiusura con piccola polemica sul Siena.

Al tecnico dei senesi Malesani, retrocesso, ma comunque applaudito dai tifosi bianconeri: «Ha vinto la squadra più forte, ma la prestazione del Siena ha ridato dignità al campionato», risponde il ministro La Russa: «Vergogna, hanno giocato per la Roma». E la Lazio?

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