Moro, polemica sulla fiction «Br sceneggiatori». «Mai visti»

La figlia Maria Fida: «Non mi hanno interpellata». Il produttore Valsecchi: «Film difficile, ci lavoriamo da anni»

da Milano

D’altronde è inevitabile: nonostante siano trascorsi quasi trent’anni, il caso Moro è ancora così vivo da accendere polemiche non appena viene sfiorato. Stavolta la pietra dello scandalo è la fiction in corso d’opera che la Taodue di Pietro Valsecchi inizierà a girare ad aprile in previsione della messa in onda su Mediaset alla fine del 2007 oppure all’inizio del 2008 (Moro fu rapito a marzo del 1978 e poi trovato morto a maggio). Con una lettera pubblicata sul blog di Beppe Grillo, la figlia dello statista, Maria Fida Moro, aveva lamentato di non essere stata interpellata dalla produzione. Ieri ha precisato: «Ero stata invitata a parlare a un convegno di Londra intitolato “Ricordando Moro”. Solo là una studentessa olandese mi ha informato della fiction. Io non ne sapevo nulla: incredibile ma vero». In più, senza usare giri di parole, ha definito il progetto come «orripilante», lamentando che la sceneggiatura «si baserebbe su testi della Braghetti e di altri brigatisti e su conversazioni avute con Francesco Cossiga. Intollerabile e assurdo. Questa non è libertà di pensiero e di espressione, ma un deliberato atto di violenza gratuita». Un grido d’allarme che si inserisce nella querelle (sollevata proprio dalla professoressa Moro) sull’eccessivo protagonismo dei brigatisti responsabili dell’assassinio e sul silenzio cui negli anni sono state costrette le vittime del terrorismo. Come spiega Maria Fida Moro, «sull’assassinio di mio padre non possono essere i terroristi a parlare: l’hanno ucciso e si accontentino di averlo fatto. Ma non diventino gli sceneggiatori di un programma tivù o quant’altro». Già, il programma. Maria Fida Moro prende le distanze anche dall’idea stessa di fiction perché «è una formula che contesto: il caso Moro è un caso vero, sanguinario e vero, e non può essere trattato come se fosse finzione, senza neanche fare riferimento, come sembra dalle indiscrezioni, al ruolo dei servizi segreti o alla Gladio. Voglio che mio padre venga ricordato correttamente per com’era nella vita privata, e non solo in quella pubblica. Ma non so cosa possano conoscere i brigatisti di questi personalissimi aspetti di mio papà. Né il presidente Cossiga sarà stato di grande aiuto, visto che lui a casa nostra è venuto soltanto una volta».
Insomma, la miniserie è già nel mirino. Pietro Valsecchi di Taodue spiega: «Maria Fida ha ragione, ma nessuno vuole fare una fiction come la intende lei. Il nostro non sarà un film scandalistico né un instant movie perché ci lavoriamo da due anni e mezzo. Racconteremo una storia, quella di Aldo Moro, che appartiene a tutti noi». Di sicuro è una storia sulla quale la pubblicistica è sterminata e altrettanto vaste sono le fonti brigatiste, più o meno attendibili, cui attingere: i terroristi hanno parlato in ogni modo, sui libri e in tv, per tacere delle aule giudiziarie. Un po’ meno dettagliati sono forse i resoconti familiari, sui quali è spesso calato un inspiegabile silenzio. «Abbiamo contattato Agnese Moro - spiega Valsecchi -. Ma non siamo riusciti a parlare a Maria Fida, cui però sto scrivendo una lettera. Siamo alla quinta sceneggiatura di questa fiction, cui lavorano Francesco Piccolo e Salvatore Marcarelli. L’editor è Stefano Rulli con la consulenza del giornalista Mario Scialoja. Il regista è Marco Risi». Nel cast, che è ancora in via di definizione, spicca Michele Placido nel ruolo dello statista. Non sarà, come precisa Valsecchi, «un film a tesi, ma di riflessione».

«Ma speriamo non abbia lo stesso, brutto risultato del film di Bellocchio, Buongiorno, notte - conclude Maria Fida -. Anche se non otterrò risultati, mi batterò fino all’ultimo perché mio padre venga ricordato per come era davvero». Davvero.

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