Politica

Morta la ragazza trafitta con l’ombrello nel metrò di Roma

La giovane era stata aggredita giovedì da due donne mentre scendeva alla stazione Termini

Roma - È morta a ventitrè anni nel far west della metropolitana romana. Vanessa Russo ha perso la vita per colpa di due ragazze che giovedì pomeriggio nella centralissima stazione Termini hanno impugnato un ombrello come fosse una spada, trafiggendo l’occhio sinistro della poveretta. Una tragedia notata da centinaia di pendolari e registrata anche dalle telecamere a circuito chiuso che dovrebbero garantire la sicurezza degli utenti della metro B.
Ieri mattina i sanitari speravano di riuscire a salvare la giovane, che era giunta in ospedale in prognosi riservata ed era tenuta in coma farmacologico. Oggi i medici avrebbero dovuto operarla, ma le lesioni subite anche a livello cerebrale e il peggioramento delle condizioni cliniche non lo hanno permesso. La speranza della famiglia Russo, che abita nella borgata Fidene, si è spenta alle 17.50 con l’ultimo bollettino medico.
Fondamentali, ora, diventano le testimonianze dei passeggeri della metropolitana, che hanno assistito alle scena. Agli agenti del commissariato Viminale e a quelli della sezione omicidi della squadra mobile, che si occupano del caso, hanno raccontato che la ragazza è stata colpita all’occhio con la punta di un ombrello da due giovani, forse italiane, mentre si stavano aprendo le porte del convoglio metropolitano, giunto all’altezza della fermata Termini. Vanessa stava scendendo quando una delle due donne l’ha aggredita.
Prima c’era stata una discussione, che è andata avanti diversi minuti durante il tragitto, forse una lite per il posto a sedere o per una spinta di troppo ad opera di una delle due donne. Ma non è escluso che la vittima abbia tentato di ribellarsi a un tentativo di borseggio all’interno del convoglio.
Uno delle migliaia di episodi di furti e scippi ad opera soprattutto di giovani rom, che avvengono dentro le stazioni metropolitane di Roma.
Subito dopo il ferimento, comunque, le due sono fuggite, percorrendo il sottopassaggio fino a confondersi con gli altri passeggeri. La vittima, invece, veniva soccorsa dal 118 e trasportata in ospedale.
Gli investigatori fin da giovedì sera si sono messi alla ricerca delle due donne, tentando di tracciarne un identikit. I testimoni hanno raccontato che erano di corporatura normale, vestite di bianco, una aveva una t-shirt nera sotto la camicia bianca e un cappelletto, l’altra i capelli legati dietro la schiena. Numerosi anche gli accertamenti scientifici da parte dei poliziotti, che stanno visionando i numerosi filmati delle telecamere installate nella stazione Termini nella speranza che almeno una delle varie apparecchiature abbia ripreso le due balorde, facilitandone così l’identificazione.
La procura di Roma, invece, ha già aperto un’inchiesta sul caso. Omicidio volontario è il reato iscritto nel fascicolo processuale dal pm Sergio Colaiocco. La famiglia Russo, ora, vuole delle risposte, proprio come gli abitanti della capitale.
Tutti si chiedono perché una brava ragazza come Vanessa, da poco in prova in una gelateria del centro per guadagnare qualcosa e poter così pagare un corso di infermiera all’ospedale San Giovanni, debba morire per la violenza che regna nei sotterranei del metrò romano. Perché mancanza di sicurezza e di controlli, nonostante i ripetuti episodi di violenza e borseggi, finiscano per avere la meglio sulla vita di una persona.
Se lo domandano anche i politici della capitale. «In questo terribile momento il mio primo pensiero va ai genitori di Vanessa, al fratello Simone e alla sorellina Francesca, che stanno vivendo una tragedia assurda che ci lascia angosciati e senza parole», afferma il sindaco Walter Veltroni, spiegando che il Comune pagherà il funerale. «Basta con il buonismo, il metrò romano non è sicuro - tuona invece il capogruppo della Democrazia cristiana per le autonomie alla Pisana, Fabio Desideri -.

Chiediamo al sindaco di diffondere i dati ufficiali sulle aggressioni che avvengono ogni giorno sui mezzi pubblici».

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