«La morte di Francesco deve fermare la Festa»

Riceviamo e pubblichiamo
«È morto e aveva solo 2 mesi. È morto sulle rive del Tevere, a pochi passi dalla Factory occupata, il laboratorio sociale che abbiamo conquistato sei mesi fa su via Riva Ostiense. Questo bimbo si chiamava Francesco e muore nella tenda posizionata a pochi passi dalle acque del fiume. Con lui c’erano i genitori, giovanissimi, una famiglia Rom romena che «abitava» sulle sponde del fiume assieme ad altri rom. La comunità che si è insediata presso via Riva Ostiense fa parte di quel gruppo di famiglie rom sgomberate pochi mesi fa da Magliana, sempre sulla riva del Tevere. Una comunità come tante, una comunità che sceglie luoghi nascosti per costruire baracche di legno o impiantare tende e lo fa per evitare di incorrere nei rastrellamenti della polizia e del nuovo corpo dei vigili urbani. Luoghi nascosti e insicuri, eppure questa comunità si era insediata presso La Factory proprio perché sapeva di trovare protezione da questi rastrellamenti; un luogo a rischio di esondazione, come altri luoghi di approdo per i rom della Romania, quello che avevano scelto i familiari di Francesco. Non sappiamo le cause precise della morte, sappiamo però che nella clandestinità e nei suoi luoghi aumentano i rischi per la salute, per la vita.

Questo ci basta per dire che Francesco non doveva trovarsi in quella tenda, che la sua famiglia non avrebbe dovuto subire uno sgombero dalle sponde del Tevere per ritrovarsi nelle stesse condizioni a poche centinaia di metri di distanza, che la politica sulla sicurezza attivata con il famigerato patto è solo un’ipocrita campagna d’immagine nella città-logo veltroniana, che è necessaria un’iniziativa per rilanciare una campagna di assistenza umanitaria in favore delle migliaia di persone che popolano in condizioni di vita estreme, le rive del Tevere, i parchi e le zone più impervie della campagna romana. Questa bimbo muore mentre nella città si celebra la festa del cinema. Lo spettacolo non può andare avanti».

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