Riceviamo e pubblichiamo
«È morto e aveva solo 2 mesi. È morto sulle rive del Tevere, a pochi passi dalla Factory occupata, il laboratorio sociale che abbiamo conquistato sei mesi fa su via Riva Ostiense. Questo bimbo si chiamava Francesco e muore nella tenda posizionata a pochi passi dalle acque del fiume. Con lui cerano i genitori, giovanissimi, una famiglia Rom romena che «abitava» sulle sponde del fiume assieme ad altri rom. La comunità che si è insediata presso via Riva Ostiense fa parte di quel gruppo di famiglie rom sgomberate pochi mesi fa da Magliana, sempre sulla riva del Tevere. Una comunità come tante, una comunità che sceglie luoghi nascosti per costruire baracche di legno o impiantare tende e lo fa per evitare di incorrere nei rastrellamenti della polizia e del nuovo corpo dei vigili urbani. Luoghi nascosti e insicuri, eppure questa comunità si era insediata presso La Factory proprio perché sapeva di trovare protezione da questi rastrellamenti; un luogo a rischio di esondazione, come altri luoghi di approdo per i rom della Romania, quello che avevano scelto i familiari di Francesco. Non sappiamo le cause precise della morte, sappiamo però che nella clandestinità e nei suoi luoghi aumentano i rischi per la salute, per la vita.
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