da Città del Capo
Pieter Willem Botha, ex presidente del Sud Africa, ultimo in carica durante l'epoca in cui nel Paese era pienamente in vigore il regime razzistico dell'apartheid è morto nel sonno alletà di 90 anni nella sua residenza di Wilderness, nella provincia occidentale del Capo.
Strenuo paladino della segregazione razziale, Botha fu primo ministro e poi capo dello Stato dal 1984 al 1989. In quell'anno fu costretto a dimettersi: ufficialmente perché era stato colpito da infarto, peraltro non grave, ma in realtà soprattutto perché lui per primo aveva compreso che il mondo stava cambiando troppo in fretta per continuare ad accettare l'assurda politica discriminatoria nel Paese più ricco del continente africano, dove la maggioranza nera era privata di ogni diritto a favore dei ceti privilegiati bianchi.
Fu allora proprio Botha che, a sorpresa, cominciò a introdurre le prime, timidissime modifiche al regime imperante, e ciò gli costò l'appoggio del suo Partito nazionale, allora saldamente al potere. Gli succedette Frederik Willem de Klerk, che avviò il definitivo smantellamento dell'apartheid, opera valsagli nel 1993 il premio Nobel per la Pace insieme a Nelson Mandela.
Botha era diversissimo da de Klerk, anche sul piano strettamente caratteriale; volitivo e decisionista, era non a caso soprannominato «il Grande Coccodrillo». Se però furono altri a cancellare l'apartheid, il primo colpo a quella vergognosa e anacronistica struttura lo inferse proprio lui, forse andando addirittura al di là delle proprie intenzioni.
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