Morto il poeta Kikuo Takano

Kikuo Takano, una fra le maggiori voci poetiche del Giappone contemporaneo, è morto due giorni fa a Tokyo. Nato a Sado nel 1927 e laureatosi all’Università di Utsunomiya in ingegneria civile, l’anno dopo la fine della guerra cominciò a scrivere di poesia. Su invito di Nobuo Ayukawa aderì al gruppo «Arechi», ispirato alla Terra desolata di Eliot e sostenuto da Ryuichi Tamura e da altri, e pubblicò in quella antologia. Concentrato sul senso dell’essere e sulla metafisica della vita, Takano si interroga instancabilmente, in una poesia commossa e molto particolare, le cui basi filosofiche possono definirsi ontologiche piuttosto che esistenzialiste. Fra gli autori occidentali maggiormente studiati da Takano, in primo luogo Heidegger e Jaspers. Parecchie sue poesie sono state musicate da celebri compositori giapponesi, in particolare Saburô Takata. «Benché in versi liberi - ha affermato in una recente intervista Paolo Lagazzi, che con Yasuko Matsumoto ha curato l’antologia di Takano Nel cielo alto, edita da Mondadori nel 2003 - la sua poesia nasce dal rispetto pieno della parola. Non ci sono in lui pose o forzature stilistiche, non c’è mai perentorietà, allure orfica o teatralità. Sebbene intimamente forte, tesa e ricca di passione meditativa, la sua lingua ha una qualità di naturalezza e di trasparenza abbastanza unica nel panorama poetico contemporaneo (anche giapponese).

Per l’abbraccio in essa tra forza e leggerezza – o fra pathos e quiete, dolore e delicatezza – è impossibile non riconoscere nella poesia di Takano quel quid che rende struggente e memorabile una voce». Takano ha scritto anche testi per musiche corali, inni e canti liturgici.

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