Moschea Biondi: «Ecco perché non si può dire no»

«Non c’è dubbio (e nessuno dovrebbe averlo) che tutte le confessioni in Italia sono libere di essere professate ed esercitate nei limiti dell’ordine pubblico e del buon costume. Lo dice la Costituzione e, se questo non bastasse, ciò è dettato dal più elementare diritto di libertà di coscienza e di fede, che precede ed informa qualsiasi comunità e di più una Repubblica che si definisce, come quella italiana, democratica». Interviene così sulla questione della moschea al Lagaccio l’onorevole Alfredo Biondi, anima liberale e schierato, all’interno del Pdl, contro la posizione ufficiale assunta dalle segreterie provinciali del futuro partito di moderati. Alfredo Biondi alla moschea non riesce a dire di no, prendendosela con chi in città usa il pretesto del sito poco idoneo per nascondere la sua totale contrarietà alla realizzazione di un centro di culto islamico: «Se Genova non vuole nessuna moschea perché è più papista del Papa, più andreottiana di Andreotti, più bagnaschiana di Bagnasco - prosegue Biondi-, allora è inutile rifugiarsi dietro alla cortina delle parole e si deve avere il coraggio di dirlo».
L’ex ministro della Giustizia non sta comunque con la decisione assunta dal sindaco Marta Vincenzi. Anzi, ne contesta metodo e maniera: «Il sindaco ha scelto un tipo di ipocrisia burocratica - commenta- quella di ritenere che alla decisione della locazione della moschea al Lagaccio, debba essere escluso, anzi ritenuto estraneo il consiglio comunale di Genova». Biondi, pur contestando l’idea di indire un referendum per far scegliere i genovesi sulla realizzazione della struttura, contesta a Vincenzi un modo di agire autoritario: «Il sindaco dimentica che i valori e i sentimenti che stanno alla base di questa scelta non sono una mera questione burocratica. C’è dietro una valenza politica e sociale. Serve un confronto in consiglio comunale e solo se questo non avverrà avrà senso rivolgersi domande sul dove e sul come potesse essere fattibile un giudizio referendario».


Intanto, mentre il comitato referendario continua a preparare la raccolta firme che si terrà sabato pomeriggio alle 16 in via Venti Settembre, i promotori Matteo Rosso (Fi), Gianni Plinio (An) e Rosario Monteleone (Udc) hanno scritto al sindaco di Genova invitandola ad accettare un confronto pubblico nel prossimo mese di marzo con Souad Sbai, portavoce dell’associazione donne marocchine e deputata del Pdl.

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