Moschea, Fratelli Musulmani sul piede di guerra

Milano ostile all’islam, e Italia da boicottare. Così un nutrito gruppo di deputati egiziani ha innescato una bomba diplomatica sul caso della «moschea» cittadina, trasferita dal centro-garage di viale Jenner al Palasharp, e ancora in attesa di una sistemazione definitiva. I parlamentari - appartenenti per lo più all’organizzazione islamista dei «Fratelli Musulmani», ma anche al partito di governo (il National Democratic Party) - si è scagliato contro il governo italiano per quella che anche un giornale arabo ha definito «la politica persecutoria di Maroni». Sotto accusa anche il governo egiziano, al quale si imputa di «non fare nulla», e di ignorare le azioni messe in campo da Roma «per combattere la religione islamica».
L’interrogazione parlamentare chiede al Cairo un’iniziativa di boicottaggio diplomatico: il ritiro degli ambasciatori arabi dal nostro Paese e l’espulsione dei rappresentanti diplomatici italiani nei paesi arabi. «Non possiamo stare zitti - dicono i deputati - davanti al tentativo di chiudere la moschea di Milano», «un atto inaccettabile».
Sul caso è subito intervenuto il vicesindaco Riccardo De Corato: «A Milano ogni venerdì 3mila musulmani pregano senza che nessuno abbia mai messo in discussione la loro fede. La nostra città non ha mai dimostrato intolleranza e mi chiedo quante altre città in Europa, di dimensioni simili, destinino cinque luoghi alla preghiera islamica».
«Il problema è di codice civile e non di religione - ha detto Matteo Salvini, capogruppo della Lega Nord e presidente della commissione Sicurezza di Palazzo Marino - Milano è sempre stata aperta ai fedeli di tutte le religioni. I deputati egiziani sono stati evidentemente male informati da qualcuno in Italia».
Un quotidiano del Cairo, al Misriun, ha scritto che «la moschea milanese di viale Jenner ha chiesto aiuto ai paesi arabi affinché intervengano per fermare la politica persecutoria di Maroni». Una versione smentita dal presidente dell’istituto, Abdel Hamid Shaari: «I giornalisti egiziani possono scrivere quello che vogliono - ha detto Shaari, che è libico - ma la richiesta dei deputati egiziani è un’assurdità. Qualcuno cerca visibilità. Noi non abbiamo chiesto aiuto a nessuno. Qualcuno può aver chiesto informazioni al nostro imam, che è egiziano? Può darsi, poi le avrà elaborate».
Per il sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi, la vicenda non avrà alcuna conseguenza: «Lo escludo, si tratta di un’iniziativa improvvida, che non scalfisce minimamente i rapporti con l’Egitto, di cui siamo il migliore partner commerciale e politico. Quei deputati egiziani hanno risentito del gran caldo di questi giorni».

«Anche come cittadina milanese - ha detto Craxi - posso dire che nessun altra città offre ai musulmani le stesse opportunità di pregare che dà Milano». «La realtà da lontano può apparire distorta» ha commentato anche il presidente della Provincia Filippo Penati.

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