Mubarak nell’angolo, al potere gli 007

Il CairoHanno tentato l’assalto al bastione delle forze di sicurezza, al simbolo della repressione. Il coprifuoco imposto ieri dalle quattro del pomeriggio non ha fermato le decine di migliaia di persone che dalla piazza centrale del Cairo, midan Tahrir, hanno marciato fino al ministero dell’Interno. Nella capitale e nel resto del Paese molte centrali di polizia sono state date alle fiamme. È tanta la rabbia repressa contro le forze di sicurezza, considerate la mano armata del regime e gli esecutori di decenni di brutalità. Ed è invece grande la gratitudine nei confronti dell’esercito che finora non ha sparato sulla popolazione. I manifestanti hanno fronteggiato ieri gli agenti in assetto anti-sommossa, mentre i blindati dei militari hanno scortato per un breve tratto la folla. La drammatica marcia verso il ministero si è trasformata in violenza tra manifestanti e polizia e i morti sarebbero almeno cinque. Le vittime degli scontri di queste ore nell’intero Egitto sarebbero invece un centinaio, secondo la televisione Al Jazeera.
Per calmare la piazza, Mubarak ha annunciato ieri la nomina di un vice presidente e di un primo ministro. Omar Suleiman, nuovo numero due del rais, è il potente capo dei servizi segreti. Sono nelle sue mani tutti i dossier più sensibili del regime. Il premier incaricato di formare il prossimo governo è invece Ahmad Shafik, ministro dell’Aviazione civile, ex militare di rango. Il leader egiziano ha scelto due figure dell’apparato militare apprezzate dalla comunità internazionale. La sfida però non arriva da fuori, ma dalla piazza, che continua a chiedere l’uscita di scena del leader e dei suoi uomini. «Deve andarsene, le proteste continueranno con intensità ancora maggiore finché il regime di non cadrà - ha detto ieri a France 24 Mohammed El Baradei, premio Nobel per la pace e volto noto dell’opposizione -. Il presidente non ha capito il messaggio del popolo egiziano e il suo discorso è stato del tutto deludente».
Venerdì sera, dopo una violenta giornata di proteste, mentre il centro della capitale era un campo di battaglia e la sede del partito al potere era avvolta dalle fiamme, Mubarak aveva parlato alla nazione. Aveva condannato le violenze e annunciato la formazione di un nuovo governo. E ieri, mentre spediva all’estero moglie e figli, ha incassato le critiche di Abu Mussa, l’egiziano segretario della Lega araba, la solidarietà di molti leader arabi, da Gheddafi al re dell’Arabia Saudita al palestinese Abu Mazen e l’invito di Regno Unito, Francia e Germania a evitare violenze contro i civili e a impegnarsi nel cambiamento. Ma Bassim, 30 anni, ride ripensando alle parole del rais. Sono le tre di pomeriggio. Tra un’ora scatta il coprifuoco, ma né lui né i suoi due amici hanno intenzione di perdersi la protesta. «Pensavo che fosse più furbo, e invece non ha capito nulla di quello che sta succedendo». Mubarak - come il collega Zine El Abidine Ben Ali, cacciato dalla Tunisia due settimane fa - ha detto di aver capito gli egiziani. La piazza ha risposto con nuovi slogan: «Non ci ascolti», hanno gridato ieri con rabbia i manifestanti a Mubarak. E sul lungo Nilo, lo scheletro annerito del quartier generale del partito presidenziale racconta la frustrazione della popolazione contro il regime. Il palazzo è stato incendiato durante i moti di venerdì, ha bruciato tutta la notte. «Sono entrati la sera - racconta un barcaiolo seduto lungo il fiume, proprio davanti all’edificio fumante - hanno trovato whiskey e automobili nuove. E noi qui a morire di fame. Devono andarsene». Giovani, ragazze, mamme con i bambini: sono in molti che, telefonini alla mano, si avventurano tra le carcasse delle macchine nel parcheggio per fotografare quello che resta di questo simbolo del potere.
Eppure, non tutti sono contenti del risultato delle manifestazioni: «Non è giusto incendiare i palazzi», dice una signora, indicando la sagoma bruciata di un hotel in ristrutturazione. A pochi metri dall’albergo, proprio al centro degli scontri, c’è il Museo egizio. Inizialmente si erano rincorse voci su incendi e tentativi di saccheggio al suo interno, poi, nonostante l’esercito e decine di giovani che si erano aggiunti ai soldati per difenderlo, l’edificio è stato razziato e la sua devastazione è state documentata dalla tv al-Arabiya.

Ieri mattina decine di giovani volontari, ragazze e ragazzi con guanti da chirurgo e mascherine da saldatore, avevano pulito la piazza devastata dagli scontri. Poche ore più tardi, la folla ha ripercorso quelle strade con la stessa determinazione del giorno prima: «Svegliati, svegliati Mubarak, oggi è l’ultimo giorno», gridavano.

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