Roma - Sfascio di famiglia in vari interni. E un problemino per i tipini fini: vorrà dire qualcosa, sul piano del costume, che un macho come Marco (Pierfrancesco Favino), dirigente arrivato e marito innamorato perso della moglie insignificante, tuttavia fedifraga, prima vota Fini, menando le mani quando scopre d’avere le corna e poi, tutto contento, si ritrova a filmare il parto di lei, frutto dell’amore extra moenia compreso (tanto, lui ha gli spermatozoi lenti e lo sa)? Ma Baciami ancora, ripetono autobus e muri, tappezzati col manifesto dell’ultimo film di Gabriele Muccino (da venerdì, in 600 copie), l’«americano» tornato a Roma, tra lungotevere e baretti, per fotografare, nove anni dopo L’ultimo bacio, il suo gruppo di amici alle prese con la vita, così come viene. Una ricerca dell’infelicità, si direbbe, seguendo le vicende dei personaggi, interpretati dagli stessi attori del primo titolo al bacio (assenti la Sandrelli e Martina Stella, alla quale il regista neanche pensava e rimpiazzata da Vittoria Puccini la Giulia di Giovanna Mezzogiorno, che non crede nei sequel, mentre Valeria Bruni Tedeschi è new entry in un cameo). Intanto che la canzone dei titoli di coda, eseguita da Jovanotti nel video più scaricato da YouTube, rimanda a spensieratezze senza età, qui i nostri hanno raggiunto i quarant’anni e il velo di Maja è caduto.
Al centro di questo rondò a pelo d’anima, dove uomini e donne si tradiscono, si desiderano e poi si dicono «fottiti!», sbattendo molte porte e suonano (soprattutto di notte) a molti campanelli, c’è Carlo (Stefano Accorsi), stretto tra gli assilli di un’amante di passo («mi amerai mai come hai amato lei?», fa l’ossessiva ragazza, gelosa dell’ex-moglie di lui) e il sogno di tornare a casetta, dalla moglie (Vittoria Puccini) e dalla figlia piccola. Che costa? Niente, a parte lo stress. E infatti, dopo un amplesso furibondo (con la bimba dei divorziandi infoiati che batte alla porta chiusa...), Giulia resta incinta e tanti saluti all’attore cane (il figlio di Giannini, Adriano), che per tre anni aveva condiviso le pene dell’indecisa signora, oltre al suo assegno di mantenimento. Poi c’è la coppia borghese, guidata da Favino, «che nun je la fa» (così l’amante giovane della di lui signora, da sette anni in cerca d’un bebè) e quella coatta di Claudio Santamaria, schizofrenico (poi suicida), ai piedi di Sabrina Impacciatore, madre single, che detesta il padre di suo figlio (Giorgio Pasotti, con parrucchino e aria da «fattone»). E, fin qui, siamo al terzo film sulla famiglia italiana (dopo quelli di Verdone e Virzì), che ignora il politicamente corretto tema omosessuale, mettendo i bambini quasi in primo piano, a guardare quei matti dei «grandi».
«Non pretendo di parlare della famiglia. Il mio film è un viaggio dell’anima. Nella vita, c’è chi non ce la fa e la mia è una riflessione sul senso della vita, sul rilancio, sull’amore per i propri figli», spiega Muccino, che in Italia balbetta e negli Usa no. E se nel film lui, già al lavoro sulla sua prossima commedia italiana prima di buttarsi in Passengers con Keanu Reeves, mette un pizzico di sé (vedi la burrascosa fine del suo amore con la violinista Elena Maioni e la contesa sul loro figlio Ilan, ma anche il ritrovato entusiasmo con la costumista Angelica Russo e il loro bambino), con gli attori mette tutto se stesso. Pure in senso fisico. «Gabriele? Ti sfinisce. Vuole emozioni estreme: dopo certe scene, ci voleva l’ossigeno per riprendersi. Mi faceva correre, perché mi venisse il fiatone», racconta Vittoria Puccini. «M’ha dato una “pizza”, da dietro la testa, quando, all’inizio, gli dissi di no. Con lui è come lavorare a teatro: vuole che la scena sia continua. Su certi set, sei “coperto”. Con lui non puoi nasconderti: chiede di aprirti, sudare», dice Claudio Santamaria.
E la leggenda delle urla liberatorie, prima del ciak? «Io ho dovuto fare un sacco di flessioni», ricorda Pasotti, al quale Muccino ha calcato in testa un posticcio da vecchio incanutito, perché, conoscendolo da venticinque anni, ogni volta lo trova più giovane e più bello. «Che invidia!», scherza (mica tanto) Gabriele.