Multa record contro 11 gruppi elettrici

Dovranno pagare 750 milioni per un cartello sui prezzi. A Siemens ammenda da 400 milioni

da Milano

Multa record della Commissione Europea contro 11 società attive europee e giapponesi attive nel settore delle apparecchiature elettriche. Dovranno pagare 750 milioni di euro per aver costituito un cartello in grado di determinare la formazione dei prezzi. I gruppi finiti nel mirino sono Abb, Alstom, Areva, Fuji, Hitachi, Japan AE Power Systems, Mitsubishi, Schneider, Siemens Germania, Siemens Austria e Toshiba. La più colpita è la Siemens tedesca, con un’ammenda da 396 milioni di euro. La società ha già annunciato ricorso di fronte alla Corte di giustizia europea. La multa è la più elevata mai inflitta dall’Antitrust europeo. Il cartello riguardava, in particolare, il cosiddetto «gas insulated switchgear» (Gis), e cioè le attrezzature pesanti utilizzate per il controllo dei flussi elettrici e soprattutto una componente essenziale per le centrali elettriche ausiliarie, necessarie per convertire la corrente elettrica da alto a basso voltaggio o viceversa.
Al centro della vicenda sono le gare di appalto per la fornitura dei Gis, con un accordo che garantiva a ogni società una quota di mercato. «Da almeno il 1988 - si legge in una nota della Commissione europea - quando fu raggiunto un accordo scritto tra i membri (del cartello), i fornitori di Gis si informavano a vicenda di gare d'appalto e coordinavano le loro offerte in modo da assicurare progetti ai membri del cartello secondo le rispettive quote».
Vi era anche una ripartizione geografica: «Le società concordarono - prosegue la nota dell’Antitrust - che le aziende giapponesi non avrebbero venduto in Europa, e che quelle europee non avrebbero venduto in Giappone». Se anche le aziende nipponiche sono soggette alla multa pur di fatto non essendo presenti in Europa, spiega ancora Bruxelles, è «perché il loro accordo dall’astenersi da offerte ha contribuito direttamente alla limitazione della concorrenza nella Ue».

Secondo la Commissione, «i membri del cartello prendevano misure sofisticate per tenere segrete le loro comunicazioni», mediante l’utilizzo anche di nomi in codice per società e individui, e l’utilizzo di posta elettronica crittografata.

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