Musica in tv Lucio e De Gregori: emozioni che non sanno di nostalgia

Il vestito trasandato è l’ultimo retaggio degli anni ’70; per il resto il recital di Dalla e De Gregori (lunedì scorso su Raidue per la serie Due) è stato una slavina di emozioni al di fuori del tempo. A 30 anni dal glorioso tour Banana republic i due sono ripartiti clandestinamente a gennaio; ora questo sequel al teatro Camploy di Verona è l’aperitivo del nuovo tour, che si apre il 5 maggio agli Arcimboldi di Milano e prosegue tutta l’estate (4 luglio l’Arena di Verona e 14 piazza San Marco a Venezia). Non c’è reducismo o nostalgia, solo la forza delle canzoni; un repertorio sterminato che i due si dividono viaggiando al di qua e al di là dell’illusione, mescolando la melanconica realtà di Santa Lucia («il più bel brano di Francesco», Dalla dixit) all’utopia di Come è profondo il mare, la ruvidità del rock di Agnello di Dio e il sofisticato jazz della versione inedita del classico Just a Gigolo.
Gli arrangiamenti sono nuovi, sobri ma con una ricchezza colorata di suoni che compensa l’amarezza dei testi e viceversa (la dolcezza delle liriche di Buonanotte fiorellino in contrasto con la musica violenta e l’impeto poetico di 4 marzo 1943). Cantano una strofa per uno con accenti ora colloquiali ora intimisti, improvvisano giocando tra tensione (Viva l’Italia), momenti giocosi (Ma come fanno i marinai) e altri viscerali come Leva calcistica della classe 1968, il cui pathos buca il video e non spegne la tensione neppure dopo un’improvvida interruzione pubblicitaria. Che coppia insomma; col tempo maturano (del resto hanno allargato a dismisura le loro esperienze volando dall’opera alla letteratura), si lasciano dietro quell’aggressività verbale di troppo e la giovanile vulnerabilità per uno spettacolo in continua metamorfosi (non a caso si chiama «work in progress», cioè lavori in corso), un «panta rei» con inediti di classe come Non basta saper cantare e piccoli capolavori come Rimmel, La donna cannone, Caruso rinnovati per l’ennesima (e non ultima) volta. Non manca un pizzico di retorica (il pistolotto di Dalla contro la guerra prima di Henna) ma ben compensata dall’ironia.

Del resto il pubblico non è quello di un tempo; qui son tutti abbastanza giovani ma non meno amanti di questi brani che hanno dentro qualcosa di magico, qualcosa che esalta Dalla il mattacchione e che scuote persino visibilmente De Gregori, il poeta troppo timido per commuoversi.

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