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Da "censura" a "elasticità". Dargen sveste i panni del martire

"Censurato io? Diciamo che ho avuto un trattamento elastico"

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«Censurato io? Diciamo che ho avuto un trattamento elastico».

Eh sì, pure Dargen D'Amico al pari del compagno di lotte e di rap Ghali, si rifugia tra le molle invece di tener la spada sguainata. Sarà che una settimana di polemiche infuocate portano a meditare anche i più «eroici» predicatori, sarà che bisogna pur continuare a vendere musica e show ai fan attoniti, sarà che non ci si può mica inimicare del tutto mamma Rai, sta di fatto che il cantante dagli occhiali scuri martedì nel salotto di Floris su La7 pareva uno di quegli orsacchiotti cuciti sul vestito che indossava a Sanremo. Altro che infuriato con quella

«cattivona» di Maria Venier che durante Domenica in gli ha impedito di terminare il suo discorso su immigrati e bambini. «Nessuno mi ha mai chiesto quello che avrei detto o fatto notare che quello che stavo dicendo non era in linea». E del resto «avevo già sviluppato buona parte del mio ragionamento», ha spiegato a Floris, che insisteva sperando che il rapper si infilasse in filippiche contro Rai e governo sulla libertà di espressione e sulle politiche migratorie. Peccato che, passata la sbornia sanremese e l'enorme vetrina di pubblicità che porta, si torni tutti a essere più «elastici». Al pari di Ghali, anche lui travolto dalle proteste, che nel salotto di Fazio si è «dimenticato» di aver pronunciato all'Ariston le incandescenti parole «Stop al genocidio» provocando un terremoto internazionale in cui è andata di mezzo (ancora) la Venier. E ha trasformato quella frase nel ben diverso e meno divisivo concetto «Stop alle guerre». E che diamine, si son detti il cantante e il buon Fazio, deviando completamente dalla vera questione, non si può neppure più intonare «viva la pace»?

Ma sì, dai, mettiamo i fiori (sanremesi) nei vostri cannoni Ha ragione Angelina Mango, «è la cumbia della noia».

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