da Roma
Il melomane che sabato 1 alle 20,50 si sintonizzerà su Rai3 entrerà in una sorta di macchina del tempo. In diretta mondovisione dal Teatro dell’Opera di Roma – infatti - farà un salto di 125 anni, fino alla sera del 14 gennaio 1900, quando nello stesso teatro il sipario s’alzò - per la prima volta al mondo - sulla
Tosca di Puccini. Rivedrà le stesse storiche scenografie, fedelmente ricostruite sui bozzetti originali di Adolf Hoenstein; gli stessi preziosi costumi, amorosamente replicati sugli autentici figurini da Anna Biagiotti. E al centro di questo raro «ritorno al futuro», una delle più applaudite soprano d’oggi: Eleonora Buratto.
Che significa per un’interprete odierna ritrovarsi di colpo alla “fonte” della prima, vera, storica Tosca?
«Un’emozione difficile da descrivere. Questa è la Tosca delle Tosche. È da questa che è partito un successo universale che dura, intatto, da 125 anni. La diretta televisiva, poi, mi fa salire ulteriormente l’adrenalina ».
Lei ha cantato nei massimi teatri del mondo, ma Tosca è una sua conquista recente. Ha debuttato nel ruolo solo un anno fa a Monaco, e in Italia a Santa Cecilia prima, a Torre del Lago poi. Come vive il personaggio?
«Tosca per me è una diva. In tutto. Teatrale sempre: esagera, eccede. Anche la sua gelosia è una recita: neppure mentre ama riesce a staccarsi dal personaggio. Ma al secondo atto ecco la sua vera natura: per salvare il suo uomo diventa una tigre. La diva lascia il posto ad una donna vera, coraggiosa, pronta a tutto».
Come spiega la popolarità trasversale di quest’opera, nota anche a chi l’opera non l’ama?
«Ma Perché la Tosca è quasi un thriller! Ha i tempi coinvolgenti di un poliziesco, che si svolge serrato nell’arco di sole 24 ore. È teatro puro. E poi tocca tante altre corde, cui è sensibile qualsiasi pubblico: l’amore, la gelosia, la politica, il sesso. Senza contare che è diventata uno dei simboli di Roma: ne evoca non solo la monumentalità, ma la stessa inconfondibile atmosfera».
All’Opera di Roma questa «Tosca» del 1900 è replicata da anni, sempre col tutto esaurito. Una rivincita della messinscena tradizionale su quella moderna, talvolta azzardata al punto da risultare indigeribile?
«Io penso che anche in teatro quel che conti sia soprattutto l’equilibrio. È giusto mantenere le produzioni tradizionali che funzionano; ma importante è anche proporne di nuove. I gusti cambiano, il pubblico anche. Del resto è proprio questo che rende magico il nostro lavoro: spaziare in mille direzioni diverse. Nel Falstaff con la regia di Michieletto, cui ho preso parte, il protagonista era diventato una vecchia rockstar in malinconico declino. Così la quercia originale era una sfera strobosferica, di quelle che si usano nelle discoteche. Il collegamento era chiaro: non c’era bisogno di spiegarlo. Mentre nella Tosca che ho cantato a Monaco il regista citava continuamente il Salò di Pasolini, che in Germania solo i cinefili conoscono. Risultato: alla fine del primo atto il pubblico fischiava».
La diretta in mondovisione riproporrà un eterno, amletico dubbio. Lirica in prima serata tv: sì o no?
«Certamente sì. Ma sui canali dedicati. Se Tosca va in prima serata su Rai3 si tratta certo di un ottimo segnale. Ma i canali appositi, come RaiCultura, sono il luogo naturale per accogliere quello che è uno dei vanti del nostro patrimonio nazionale. E non si tratta di ghettizzazione. Al contrario. Significa valorizzazione ».
Una curiosità. Sabato, per il volo finale dai bastioni di Castel Sant’Angelo, prenderà precauzioni particolari?
«Sa qual è il problema? Io soffro di vertigini. A Torre del Lago a gettarsi al posto mio c’era una controfigura. A Monaco avevano messo una vasca piena di sfere di gommapiuma.
Ma io stavo a tre metri di altezza, e alle prove ci ho messo dieci minuti prima, di convincere il mio cervello che non poteva accadermi nulla. Sono riuscita a lanciarmi solo alla prova generale. Ma stavolta, a guardarmi, ci saranno anche centinaia di migliaia di telespettatori... E allora il coraggio dovrò trovarlo. Per forza».