Pietro Acquafredda
da Napoli
Già la semplice esistenza ventennale di un organismo musicale, dal prestigio internazionale, come la Cappella della Pietà de Turchini - che ha aperto la sua stagione di concerti nella Cappella del Tesoro di san Gennaro, nel Duomo di Napoli - sarebbe di per sé di straordinario rilievo; se poi si aggiunge che, per iniziativa della gloriosa Cappella (che deve il suo nome a uno dei più importanti Conservatori napoletani del Sei-Settecento, i cui ragazzi ospiti vestivano con un'uniforme turchina) da dieci anni è attivo un centro di musica antica rinomatissimo, allo scopo di promuovere gli studi musicologici sul grande patrimonio musicale napoletano e prepararvi i giovani alla relativa pratica esecutiva, allora tale straordinaria realtà, assolutamente unica in Italia, assume i connotati del vero e proprio miracolo.
Fondata e diretta da Antonio Florio, la Cappella gode di un prestigio internazionale che si è guadagnato con infinite esecuzioni dal vivo in ogni parte del mondo ma anche con premiate registrazioni discografiche con le quali diffonde la musica napoletana, man mano che la sottrae alla polvere degli archivi, spesso inagibili. Sulla stessa strada si sta muovendo anche Riccardo Muti, legatissimo a Napoli, secondo un progetto che coinvolgerebbe la «sua» Cherubini, e che sarebbe destinato a Salisburgo.
Florio, circondato dai suoi musicisti, ha aperto la stagione con un nome di primo piano, Francesco Provenzale, celebrato dai libri di storia, ma praticamente sconosciuto ai più. Ha scelto la sua Missa defunctorum a quattro voci e strumenti, austera e solenne al medesimo tempo, scritta probabilmente per i funerali del re di Spagna, Filippo IV, nel 1666. Del medesimo autore ha poi proposto due salmi, dal repertorio dei «vespri», più prevedibili per stile e forma, mentre il suo Requiem resta il primo esempio delle numerose messe dei defunti scritte a Napoli nel Seicento.
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