La sua è stata lunica voce che si è levata dal mondo politico genovese, pur se in parte soffocata da uneco molto scarsa. Enrico Musso, candidato sindaco della Casa delle Libertà aveva tuonato contro il rischio di una penalizzazione al Genoa appena uscita la notizia. La sentenza di ieri accoglie la sua tesi.
Preveggente? Fortunato?
«No. Non ho mica previsto lesito della sentenza. Non intendevo neanche farlo».
Però ha detto che il Genoa non doveva pagare.
«Sì, lo ripeto e sono felice che non abbia pagato la squadra, né i tifosi. Sarebbe stata uningiustizia».
In che senso?
«Non voglio entrare nel merito. Le decisioni, anche della giustizia sportiva, si devono rispettare. Ma sorprende non poco il meccanismo a orologeria che è scattato. Soprattutto nei confronti del Genoa, una squadra già penalizzata più di qualsiasi altra. E che ora stava risalendo sul campo».
Una dichiarazione troppo «genoana» in campagna elettorale?
«Assolutamente no. Sto parlando del Genoa in quanto patrimonio della città, così come lo è la Sampdoria. E la realtà è che Genova, anche sportivamente, non conta niente. Lesclusione dagli Europei del 2012, a prescindere dalla successiva beffa, ne è la conferma».
E perché accade questo?
«Come aspirante sindaco non posso fare a meno di notare come le istituzioni genovesi, finora, abbiano sempre ignorato la necessità di sostenere le proprie squadre, i propri patrimoni sportivi».
Ieri, poco prima della sentenza un senatore di Forza Italia aveva invocato la mano pesante contro il Genoa.
«Appunto. Fuori da Genova gli altri si muovono per portare avanti le istanze delle loro squadre. Qui tutti in silenzio. E questa volta ne abbiamo avuto lennesima prova».
E la sua dichiarazione è apparsa solo sul Giornale.
«Purtroppo.
Ieri anche la Fondazione Genoa aveva fatto sentire la sua voce contro unipotesi di penalizzazione. Ma, per lappunto, dal mondo della politica, solo silenzi.