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Napoletani gli rifilano quattro tele false, palermitano paga con assegni scoperti

Il siciliano aveva acquistato i dipinti da due restauratori sorrentini, per poi scoprire che si trattava di croste. E li ha denunciati. Ma è finito a sua volta nei guai per aver pagato con effetti «cabriolet». Alla fine è intervenuta il giudice e lui è stato arrestato mentre agli antiquari è stato proibito ogni forma di commercio

Palermo Napoli 1 a 1. Non è risultato dell'incontro di calcio, l'ultima volta al San Paolo il 17 gennaio è tra l'altro finita 0 a 0, bensì del tentativo di due napoletani di rifilare alcune «croste» a un palermitano. Tentativo andato a buon fine, salvo che sono stati pagati con assegni scoperti. Dunque incontro finito in parità. O meglio. Ha vinto l'arbirtro, in questo caso la magistratura alla quale si erano rivolti entrambe le parti e che, salomonicamente, ha disposto una serie di provvedimenti per colpire tutti i protagonisti di questa vicenda da commedia all'italiana. Uno arrestato e due interdetti dall'attività di mercanti d'arte
Protagonisti Antonino Pavoniti, procacciatore d'affari nel campo dei beni culturali residente a Palermo e due antiquari restauratori di Meta di Sorrento nel Napoletano, Raffaele Caso e Teresa Aversa. Finiti nell'inchiesta, svolta dalla Procura di Torre Annunziata e dai carabinieri del nucleo Tutela patrimonio culturale di Napoli e Palermo, che si era sviluppata tra Napoli e Palermo. E che ha appunto portato alla scoperta di un giro di contraffazione di numerose opere d'arte del '700 e '800 napoletano, falsamente attribuite ad artisti del calibro di Giacinto Gigante, Domenico Morelli, Salvator Rosa.
L'indagine aveva preso spunto da una denuncia presentata nel settembre 2008 proprio da Pavoniti dopo l'acquisto di quattro dipinti antichi presso il laboratorio di restauro di Caso e Aversa, rivelatisi successivamente falsi. La successiva perquisizione consentì di trovare numerosi dipinti abilmente contraffatti nella firma e nell'esecuzione. Ma, secondo la Procura di Torre Annunziata, Pavoniti aveva acquistato le quattro tele «pur consapevole della loro falsità pagandoli peraltro una cifra notevolmente inferiore rispetto al normale valore di mercato che, per opere originali di analoga fattura, veniva quotata intorno ai 250 mila euro». Secondo la Procura poi «l'acquisto avveniva verosimilmente con l'intenzione di rivendere a sua volta i dipinti come autentici sul mercato palermitano, magari sfruttando la buona fede di acquirenti poco esperti del settore e ricavando un ingiusto profitto».
Pavoniti in ogni caso, aveva pagato parte del prezzo pattuito con assegni poi risultati privi di copertura finanziaria provocando la denuncia dei due antiquari sorrentini. Lo stesso Pavoniti, a sua volta, aveva poi deciso di denunciare i due ai carabinieri. Morale della favola alla fine i tre sono stati equamente «mazziati» dal giudice. Il gip di Torre Annunziata ha infatti disposto l'arresto di Antonino Pavoniti, procacciatore d'affari nel campo dei beni culturali residente a Palermo. Poi messo comunque agli arresti domiciliari.

Mentre ai due antiquari ha vietato ogni tipo di commercio nel campo delle opere d'arte.

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