È ad una svolta il processo di camorra sull’omicidio di Antonino D’Andò, vittima di lupara bianca ai tempi della guerra interna agli scissionisti napoletani dei quartieri di Scampia e Secondigliano. Quattro componenti del clan confessano, dicendo di sapere dove è seppellito il corpo di D’Andò. Il colpo di scena nella lunga lotta per il potere del gruppo criminale Amato-Pagano è avvenuto in tribunale.
Mariano Riccio, all’epoca reggente degli scissionisti, e altri quattro imputati, Emanuele Baiano, Mario Ferraiuolo, Giosuè Belgiorno e Ciro Scognamiglio fecero sparire D’Andò; ieri mattina hanno ammesso i rispettivi addebiti spiegando ai pubblici ministeri Marra e De Marco di essere in grado di far trovare il corpo, che sarebbe stato interrato in una campagna dell’hinterland.
Per questo motivo il processo di camorra è stato rinviato a maggio, per consentire alle forze dell’ordine di procedere alle operazioni di ricerca e di scavo. L’omicidio di Antonino D’Andò si inserisce nella fase più acuta della guerra interna agli Amato-Pagano quando, specie tra i fedelissimi di Raffaele Amato, cominciò a serpeggiare malumore circa la gestione di Mariano Riccio, genero di Cesare Pagano.
D’Andò era tra i più critici della leadership di Riccio come raccontato dal collaboratore di giustizia Michele Caiazza e per questo fu fatto ammazzare.Emerge un quadro fosco dalle dichiarazioni degli imputati per un clan che appena pochi mesi fa, probabilmente per alleggerire il loro carico giudiziario, offrirono le loro scuse ai cittadini di Scampia.
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