Napolitano all’ultimo allenamento

nostro inviato a Duisburg
Scusi, Buffon, ha mai preso gol da Zidane?
«Certo. Nel 3 a 1 sul Real Madrid, in Champions league, quando vincemmo noi della Juve, però».
Ha letto della classifica Fifa, Buffon il miglior portiere del mondiale...
«Fa piacere, naturalmente. Anche nel 2002, se è per questo, ho ricevuto una citazione di Kahn, portiere della Germania. Eppure baratterei volentieri questo premio con la coppa, a conferma dello spirito di squadra azzurra, mai attraversato dagli egoismi».
Come è diventato il portiere paratutto?
«Nel 2000 non c’ero, Toldo fece qualcosa di enorme, fossi rimasto io magari non saremmo arrivati a Rotterdam. Qui non mi sono mai scottato, sono più sereno, non ho handicap».
Quale altro portiere è da premiare?
«Mi è piaciuto Lehmann. Rigori con l’Argentina a parte, mi ha colpito per la sicurezza e la personalità dimostrate».
Barthez viene considerato un portiere atipico, eppure...
«È sempre affidabile, ha quella spavalderia che infonde sicurezza tra i suoi, esce spesso dalla porta sui cross alti e prende sempre la palla. L’esperienza di sicuro l’ha aiutato».
Si accorge di avere le stelline in testa?
«Mi accorgo di non soffrire, in un campionato ti può capitare il periodo di forma scadente, qui non mi è mai passato per la testa un pensiero negativo tipo, ecco, adesso prendo gol. Forse perché mi fido dei compagni. Se non tirano in porta, infatti, è meglio».
Quale la parata più bella? Secondo le statistiche Fifa lei è il secondo con 23 interventi dietro Ricardo del Portogallo...
«Non so scegliere, non ho rivisto le partite, non saprei».
Il 22 maggio, giorno del raduno a Coverciano, potevate immaginare un epilogo così?
«La risposta è no, nonostante fossimo convinti delle nostre capacità. Con la stessa sincerità, però, aggiungo che ce lo meritiamo tutto questo finale».
Dove la Juve si presenta con 8 esponenti e l’incubo di finire in C: che ne pensa?
«Che un risultato del genere è una soddisfazione per la Juve e la sua dirigenza. Il resto è estraneo al terreno di gioco».
Ci tiene a eguagliare o superare il record di Zenga?
«Certo. Perché vorrebbe dire, di fatto, che la nazionale non ha preso gol neanche nella settima gara. E quindi è un punto di partenza per la finale».
Zidane è lo stesso spauracchio del ’98?
«No. In quel mondiale c’erano molti motivi per temere i francesi: giocavano in casa loro, era un gruppo di 8 anni più giovane rispetto a oggi, noi avevamo giocato un mondiale discreto. Qui la musica è diversa. C’è grande autostima da parte nostra, è diventata convinzione che non deve sfociare nella presunzione. Non deluderemo gli italiani».
Si aggirano avvoltoi come i dirigenti del Real Madrid...
«La Juve è una società talmente forte che anche in caso di retrocessione, deciderebbe da sola se e a chi vendere i propri giocatori».
Passiamo ai francesi: le sono simpatici come gli australiani o no?
«A onor del vero non molto. Ma per fortuna loro hanno una città-simbolo, Parigi, dove uno va sempre volentieri. E penso che succeda lo stesso, da parte loro, nei confronti di Roma. È come se fosse un derby».
Tutta l’Italia parla di Zidane: non è che state trascurando troppo Henry?
«È vero, il rischio c’è. Ma è tutto merito di Zizou. Al mondiale la Francia è arrivata con la certezza di poter contare su Henry. Poi ha scoperto di pendere dalle giocate di Zidane. Questo non significa che gli altri siano degli stupidotti. Uno come Henry non vorrei mai incontrarlo».
Che non giochi Trezeguet è un vantaggio o no?
«Sono proprio contento. E un po’ preoccupato per la squalifica dell’altro attaccante. Perché a questo punto se deve entrare uno, entra lui».
Cosa vi ha trasmesso Lippi, quanto vi ha dato?
«Sul suo conto si diceva: non funzionerà perché è un allenatore da club e in nazionale funzionano i selezionatori. Ha sbriciolato questa teoria. Ha messo nell’avventura testa, umiltà ed esperienza. Al di là della tecnica e della tattica, è uno che riesce a tirar fuori da ciascuno di noi il 120%. E fa sentire tutti importanti».
Non rischiate, voi juventini, di sentirvi orfani di due allenatori in un colpo, Capello e Lippi?
«Ognuno deve rendere conto a se stesso, un briciolo di egoismo ci vuole sempre in decisioni di questo tipo. Anch’io, per esempio, non so ancora in questo momento quel che farò, se resterò alla Juve oppure no. Di una cosa invece sono sicuro: sono orgoglioso di essere un calciatore della nazionale».
Come si prepara una finale di coppa del mondo?
«Il giorno prima sarò isterico, la mattina prima continuerò a essere nervoso, poi mi calmerò con l’inizio del riscaldamento. Non ho mai giocato una partita così.

E a Manchester ho capito la differenza tra alzare e non alzare la coppa dei Campioni».
Le interessa finire, come Zoff, su un francobollo?
«Lui era il capitano dell’Italia, io no. La cosa che mi interessa è vincere e toccare quella coppa».

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