Politica

Napolitano boccia Prodi: non si governa così

Rendiamo omaggio alle nostre Forze Armate, presidio e garanzia di pace

Massimiliano Scafi

da Roma

Il giorno prima «parla» alla Stampa, intesa come quotidiano torinese, boccia la Grande Coalizione caldeggiata da Silvio Berlusconi e invita Palazzo Chigi a volare basso e a fare bene i conti: «Non si governa a colpi di fiducia». Anzi, avverte Giorgio Napolitano, visti i numeri della maggioranza, serve il dialogo per arrivare a soluzioni condivise sui problemi di interesse nazionale. Servono accordi e non «quel piglio, quella allegra tranquillità» che lui vede in giro nell’Unione, come se Romano Prodi «avesse vinto con sei o sette punti di vantaggio. Ma non è andata così». Il giorno dopo parla alla stampa, intesa come i quirinalisti dell’Agq e i giornalisti parlamentari, e attenua, smussa, ridimensiona, quasi smentisce: «Tenete conto delle mie posizioni e non di quelle che mi vengono attribuite, troppo spesso le conversazioni off the records diventano on the records. La situazione politica è confusa? Sì, certo, parecchio, io però non almanacco e non mi faccio influenzare da chi almanacca».
Una cosa però, agli occhi del capo dello Stato, è chiara: la necessità di raffreddare il clima e di riportare serenità nel dibattito politico. Già prima di essere eletto, precisa, «quando il centrosinistra era all’opposizione, spiegai quanto considerassi pernicioso da un lato le forzature della maggioranza e dall’altro le reazioni nervose della minoranza». E adesso che è al Quirinale, continua a distribuire camomilla bipartisan. Il pericolo è quello di «una spirale distruttiva». Un rischio reale? «Spero che non ci arriveremo - risponde -. Siamo all’inizio della legislatura, bisogna fare professione di ottimismo».
Ma c’è pure un altro punto fermo: il diritto, o meglio «il dovere» di esternazione del Quirinale, prerogativa che, alla faccia delle varie accuse di interventismo che nelle ultime stanno piovendo sul Colle, Napolitano riafferma nella solenne cornice del Salone degli Specchi, parlando a braccio durante la cerimonia della consegna del ventaglio. «Rispetto agli ultimi anni, ora il ruolo del presidente della Repubblica, concepito con poteri circoscritti e distinti dall’esecutivo, è meglio compreso. Sono consapevole del peso che questa responsabilità comporta e ho mosso in questo spirito i miei primi passi. So bene che ogni mia parola è esposta al libero apprezzamento di ognuno e so anche che tutti i capi di Stato non dotati di potere esecutivo corrono il rischio di essere accusati di interventismo».
Tutto ciò però non lo convincerà a restare a bocca chiusa: «Certamente i presidenti non possono ridursi ad essere silenziosi e inerti spettatori. Io mi sono espresso finora con la massima serenità, avvertendo tra i miei doveri quello di sollecitare il formarsi di un clima più costruttivo tra maggioranza e opposizione e di segnalare l’insorgere di problemi politici delicati». Insomma, dice in sostanza il capo dello Stato, dovete rassegnarvi perché continuerò a dire la mia, a lanciare avvisi ai naviganti, a segnalare gli scogli prima che la nave affondi. Il Quirinale non è una semplice tribuna, ma una «garanzia di stabilità» e un momento di «unità nazionale».
E la sua, a quindici giorni dalle vacanze napoletane a Villa Rosebery, Napolitano la dice subito anche su altri temi d’attualità. Sulle intercettazioni, che hanno rivelato «situazioni sconcertanti»: occorrono «soluzioni equilibrate» per regolamentare uso e pubblicazione. Sulle carceri sovraffollate, che non sono un'emergenza episodica, ma ricorrente: non basteranno amnistie e indulti, urgono «rimedi di fondo». Il nuovo Csm dovrà occuparsene in fretta. Sui problemi dell'informazione. Napolitano fa suo il messaggio che Carlo Azeglio Ciampi inviò al Parlamento nel 2002 per sollecitare una riforma a tutela dell'indipendenza e dell'autonomia dell'informazione radio-tv, un messaggio «attuale che attende ancora risposte concrete dal Parlamento». Sulle morti sul lavoro: il capo dello Stato è confortato dalla risonanza dei suoi appelli per una prevenzione più adeguata e aspetta che le Camere provvedano.

E infine dice la sua pure sulla diffcile vertenza dei giornalisti: «In un Paese civile rinnovare il contratto di lavoro alla scadenza prevista dovrebbe essere normale».

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