Napolitano critica l’Ue: «Non è un problema solo italiano»

Roma«Via», dice Umberto Bossi agitando lateralmente la manina piegata in due. E per chi non ha capito: «Berlusconi risolverà il caos degli immigrati di Lampedusa semplicemente mandandoli via». Ma la questione, come dice Giorgio Napolitano da New York, forse è leggermente più complessa. «Quello degli sbarchi non è solo un problema italiano perché non c’è la nostra frontiera ma quella europea. Del resto chi arriva a Lampedusa pensa di essere in Europa, perciò ci vuole una politica comune sull’immigrazione e non 27 politiche nazionali diverse. Ci sono riluttanze che vanno superate».
Dunque ci risiamo. Chiamata all’ennesimo esame, la Ue fallisce il salto di qualità. Succede con i migranti, è successo con la Libia. «Certamente - spiega il capo dello Stato - è molto negativo che i principali Paesi dell’Unione si siano divisi sull’intervento militare. Qui si vede anche quanto grande è stato l’errore di non dotarsi di un dispositivo militare comune». Tutti attaccano in ordine sparso «spendendo pure molto più rispetto a una forza integrata». E c’è pure chi si tiene a distanza, come Angela Merkel, che Napolitano attacca con particolare energia. «Non capisco la posizione della cancelliera. Non so quanto la sua decisione di non partecipare all’intervento sia influenzata dalle elezioni tedesche, ma per scelte come queste i politici non dovrebbero inseguire i sondaggi, ma guidare i cittadini. Chi rinuncia per paura di perdere le elezioni non si dimostra un vero leader».
Insomma, «il progetto comunitario è in crisi di popolarità e per troppi Stati l’Ue è soltanto un capro espiatorio». Napolitano è amareggiato ma non pessimista: «È un lusso che non possiamo permetterci». Quindi, avanti nell’integrazione, «aumentando gli spazi comuni», se serve pure a due velocità, come «per Schengen e la moneta». L’Europa funziona male ma «senza Europa sarebbe peggio».
E l’Italia, gli chiedono in un incontro alla NY University, come sta? «Quello attuale - risponde - non è un momento facile per il Paese e per il suo presidente. Non faccio commenti su nessuno, però il problema più grande è la iper-partigianeria, che produce guerriglia quotidiana, rende impossibile il dialogo e il confronto, determina una delegittimazione reciproca». Così, sostiene, non si va avanti: «Nessuno ascolta l’altro. Ciò rischia di provocare gravi divisioni e un forte indebolimento del Paese».
Sui processi di Silvio Berlusconi il capo dello Stato non apre bocca, però mette agli atti che «detiene una maggioranza parlamentare».

Non sempre sono rose e fiori, come dimostra il caso Romano: «Io posso dare consigli, ma poi il governo si assume le responsabilità». Dall’altra parte è anche peggio: «La democrazia richiede un governo stabile e un’opposizione forte. Io non posso farci nulla se l’opposizione non lo è».

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